venerdì 15 marzo 2024

Val Bormida, Maggio 1799: arriva Victor, si salvi chi può


 (ovvero: come un  gustoso racconto in poesia può diventare piccola storia)

Leonello Oliveri

Proprietà letteraria riservata
Riproduzione Vietata

Siamo a Cairo Montenotte, in una strada del centro storico.

Guardate bene questa foto. Notate nulla di particolare?
Vedete quelle impronte semicircolari?Secondo una tradizione radicata nella popolazione (anche se non sorretta da documenti coevi, ma come pretenderli?) si tratterebbe delle impronte lasciate sulla porta di un’abitazione dai colpi inferti con le canne dei fucili dalle truppe napoleoniche in una delle loro incursioni in paese, ovviamente per farsi aprire la porta.

Questo quando successe?

I francesi entrarono in Cairo (come conquistatori), in tre occasioni: nel settembre del 1794 (quando si scontrarono con gli austriaci a Dego), nell’aprile del ’96 (battaglia di Montenotte e Dego) e soprattutto nel maggio del ’99. Probabilmente a questo episodio si riferiscono i segni sul portone, se davvero quella è la loro origine.

Cosa era successo in quell’anno??

Siamo nel ’99, un anno duro per i francesi. Mentre Bonaparte è in Egitto, scendono in Italia le truppe della IIa Coalizione, guidate dal gen. russo Souvarow. I francesi si ritirano dalla Lombardia e dal Piemonte verso la costa, tormentati durante il cammino da episodi di guerriglia locale.

Il 19 maggio le truppe del gen. Victor, in ripiegamento, attraversano la Val Bormida. Lungo la strada hanno ripetutamente subito attacchi di “guerriglieri” ante litteram: sparare e poi sparire, secondo una tattica tipica. E a far le spese delle rappresaglie sarà, come sempre accade, la popolazione civile.
I reti dell'incendio del 1799 (anno ignis) ancora visibili
 in una cantina di Cosseria (Sv)


Sentiamo cosa scrisse una fonte francese, il Gachot (Souvarow en Italie, Paris 1903, p. 176). Siamo a Dego, una manciata di km a valle di Cairo: “Contro le sue porte barricate i soldati usano le asce; 200 rivoltosi, attardatisi in questo borgo, vi periscono. Il fuoco divora 10 case, vendetta dei soldati esasperati che non avevano mangiato da 24 ore”. Il fatto è ricordato anche dal parroco di Dego che così scrisse: “Questi infortuni sono accaduti perché alcuni abitanti (...) presero le armi per impedire ai francesi il viaggio di ritorno da Alessandria a Savona. Io li avevo consigliati di non fare tali cose (..)”.
Dopo i "fatti di Dego" i francesi diedero la caccia ai "rivoltosi":
uno di questi, Francesco  Diverio sarà condannato a morte nel 1800
Ecco il manifesto della sua condanna


Dopo Dego la colonna francese si avvicina a Cairo: è ancora il Gachot a ricordare: una violenta fucileria l’accoglie “Respinti i francesi bivaccano davanti al paese, che nella notte viene evacuato” (dai suoi difensori).

Così il Gachot.

Una curiosa cronaca locale del 1875 – in rima!- ci fornisce alcuni dettagli sulla vicenda, precisandola nella sua realtà. Il suo autore nacque nel 1818, quindi poté sentire dai genitori ciò che era accaduto nemmeno 20 anni prima. La pubblichiamo tutta in calce per gentile concessione di Renato Patetta, discendente dell’autore ([1]).

Il protagonista è il podestà (o sindaco) di Cairo, antenato dell’autore della cronaca. Tratto in inganno da una lettera del “Sottoprefetto del circondario del fiume Bormida”, l’avv.to Facino, ([2]) già Regio Prefetto sabaudo della città di Acqui, ([3]) che preannunciava l’arrivo di “briganti banda famelica”, il nostro primo cittadino esce con una improvvisata schiera di armati “di tutte fogge”, poi però, alla vista della colonna francese, scopre che “l’austriacante” autore della lettera “avea falsata la verità”: non “di briganti banda famelica” (sto citando la cronaca in rima), ma “ben 10000 della Repubblica/ soldati in marcia (..) osservatori degli statuti/ disciplinati solo chiedevano/ ai Municipi vitto in ragion”. (La cronaca è stata redatta dopo le guerre d’indipendenza, quando i francesi erano i “bravi” e gli austriaci - o tedeschi- i ”cattivi”: e comunque vitto per 10000 armati non era richiesta da poco).

Allora rientra e fa chiudere la porta del paese, disponendo un picchetto armato di guardia.

All’alba si presenta una delegazione francese di cinque uomini. Le guardie sparano e tre francesi restano uccisi ([4]). A questo punto, sempre secondo la cronaca, Victor fa abbattere la porta a cannonate ed entra furibondo in paese. Il sindaco, arrestato con i notabili, spiega al generale l’equivoco, e ottiene che il paese sia risparmiato, ma tassato di una fortissima contribuzione ([5]). Comunque, c’è una rappresaglia ricordata dal Gachot: “qualche abitante viene punito per la sua compiacenza verso gli insorti (..) la cittadinanza paga ben caro il sangue (francese) versato”. Quanto caro ce lo dice un’annotazione dell’archivio parrocchiale del paese che ricorda, in quel tragico 20 maggio, i nomi di 4 abitanti fucilati. Il fatto che l’annotazione dell’archivio contenga frasi come “morte damnatus decessit”, “ultimo supplicio obiit”,”extremo supplicio damnatus” fa pensare a vere esecuzioni più che a violenze inconsulte di soldati: erano forse gli autori della sparatoria dalla porta?

Sfamati i soldati, la colonna di Victor ripartì, a midi tambour battant verso Savona,

Partito Victor , a Cairo ”I tedeschi d’aspetto truce/ prendono il posto lasciato libero/ ed il paese spogliato fu/ nel breve tempo che si fermarono/ brutali e barbari senza pietade/ ( la cronaca è del 1875, poco dopo la sconfitta nella III Guerra d’indipendenza…) /del lor passaggio traccia indelebile/ perenne impressa in Cairo restò”. Ma anche i “tedeschi” nella notte se ne vanno, e nei giorni successivi Cairo è nuovamente occupata da una colonna mobile francese che seguiva quella di Victor. E’ possibile ( direi probabile) che a tale colonna debba addebitarsi l’incendio del locale convento francescano risalente al 1214, tradizionalmente attribuito agli uomini di Victor.

I resti del  Convento dopo l'incendio



Ovviamente requisizioni, saccheggi e violenze lasciarono dietro di loro una scia di sangue, ma anche di esasperazione e odio. Vediamo per es. quanto ricorda uno scrittore cairese della fine dell’800 abbastanza noto, G. C. Abba, il “cantore dei Mille”, in “Ricordi e Meditazioni”, (a cura del Comune di Cairo, Biella, 1911, p.17). Parlando di sé in terza persona così scriveva: ”Il padre di Abba nacque in questa tragica circostanza. Per le terre delle Langhe passavano frequentissimi in quei tempi (siamo nell’agosto del 1801) soldati francesi sbandati che disertavano gli eserciti belligeranti (..) cercando forse di raggiungere il mare (.. ). Pare che al mare ne giungessero pochi perché molti venivano massacrati senza pietà dalle popolazioni, irritate da secoli contro i soldati di tutte le nazionalità (..). La nonna di Abba, stando per dare alla luce un figliolo, (..) una sera saliva lentamente un’erta quando alzando lo sguardo vide un soldato francese e un contadino che, avendolo scorto, si era nascosto dietro un grosso albero: ella intuendo il pericolo cui il soldato andava incontro, si diede a gesticolare e a gridare (..) ma il soldato, credendo che avesse paura di lui, continuò a scendere facendole segni rassicuranti ed esclamando: n’avez pas peur, bonne femme!, n’avez pas peur!. Appena oltrepassò l’albero, il contadino gli fu dietro e, alzata la zappa, gliene menò un gran colpo sul capo, facendolo stramazzare a terra (..)”.

E’ una testimonianza terribile del danno più grave che può fare la guerra: trasformare un povero contadino in un assassino a sangue freddo. Il sonno della ragione genera mostri.
E terribili scenari di guerra civile la Val Bormida vedrà ancora in anni più vicini a noi.

************
Ed ecco il “racconto” in poesia ( da G. Patetta, Memorie dei Patetta dal 1790 al 1880 in rima): testimonianza preziosa di una piccola vicenda storica, ma anche fotografia ancor più interessante del turbamento che l’approssimarsi del “nemico” produceva in una pacifica famiglia, che non si ritirava comunque di fronte agli oneri derivanti dalle sue responsabilità (era podestà del paese).

Il ricordo poi della moglie del podestà che, per ospitare degnamente Victor, gli prepara il letto con la biancheria più bella è un’istantanea freschissima:

In stanza gialla letto montato
Con biancheria bella finissima
Aveva pronto pel generale.

Peccato che
lo soldato delle battaglie
Tutto vestito cogli speroni
Senza riguardo sul letto serico
Si coricava

E così la nonna

trovata lacera
La damascata coperta gialla
Ne soffre pena: ricordo vecchio
Della famiglia, stoffa di galla[6]
Che conservava quale antichissimo
Tessuto serico di rarità.



(Si ringraziano Renato e Roberto Patetta per la gentile concessione e l’aiuto).


Ed ecco la cronaca in rima”

Capo I

Argomento

 Funesto inganno - Il mio prozio Filippo comandante del popolo armato  - Orribile assassinio - Gli arresti - Il Generale Victor e mio nonno - Ritirata dei francesi - Gli austriaci - Gli ostaggi salvi.

 

§§§§§§§

 



Un anno prima di questo secolo[7]
Con Bonaparte là nell’Egitto
Qui nell’Italia il francese esercito
Fu dai Tedeschi tutto sconfitto;


Sottoprefetto del circondario
Del fiume Bormida era Facin.
Austriacante[8] vuol compromettere
Pel dispotismo, coi giacobini
I partigiani della Repubblica
E con mendaci termini fini
Un ufficiale formale lettera
Scrive di Cairo pel podestà.

Che di briganti banda famelica
Il territorio di già infestava
Del comun Dego, che senza ostacolo,
Verso di Cairo s’incamminava;
E quella banda presto distruggere
Esser per tutti necessità.

Uomo di fede, ma troppo credulo
Il podestade Beppe Patetta[9]
Chiama sott’armi tutti del popolo
Quelli di Cairo della Distretta;
Tre mila armati di tutte fogge
Raduna in Cairo pronti a marciar

Di quella truppa magra marmaglia
Sceglie uffiziali con caporali
Ed il fratello uomo pacifico
Il buon Filippo[10] per generale
Acclamazione del Municipio
Eletto in capo per comandar.

Era Giuseppe qual primogenito[11]
Della famiglia l’ordinatore;
Faceva scuola l’altro ecclesiastico[12],
Uom di dottrina, buon professore;
Era priore di confraternita
Il buon Filippo a perpetuità.

Di quattro figlie, d’un solo figlio
Felice padre qual meritava
Il podestade Giuseppe emerito
Di puro affetto la prole amava
Maria, Agnese, Lucia, Arcangela
Era chiamata con Franceschin.

Il professore al nipote in premio
D’aver studiato la settimana
Permise andare con il massaio
Al poder Ciapi[13] nella fiumana
Nella vacanza per le cirieggie[14]
Su della pianta fresche mangiar.

Nel giorno stesso l’armato popolo
Dovea partire, ma il comandante[15]
Col cuore gonfio, con gli occhi in lacrime,
Vuole vedere per un istante
Cecchino[16] in Ciapi, con la sciabola
Del suo comando presto è colà.

Trova il nipote sullo ciriegio
Con il massaro[17]; sotto la pianta
Col naso in aria, con voce flebile
Così gli dice: con tutta quanta
L’armata nostra vado a battaglia
Vengono a baciarti, caro Cecchin.

Dall’alta pianta scende sollecito
Il nipotino, si getta in bracio
Del zio amato col cuore stretto
Piangendo forte d’affetto bacio
Sul volto imprime del zio tenero
Che lui abbraccia, parlar non può.

Ma finalmente gli armati partono
Accompagnati per lungo tratto
Dal Municipio che li felicita;
Ma senza battere fan ritratta[18];
L’austriacante, Facino perfido,
Avea falsata la verità.

Ben diecimila della Repubblica[19]
Soldati in marcia, stati battuti
Dagli austrorussi si ritiravano,
Osservatori degli statuti
Disciplinati solo chiedevano
Ai Municipi vitto in ragion.

Riconosciuto dall’avanguardia[20]
Il formidabile corpo d’armata:
Il generale[21] sente il consiglio
Degli uffiziali: la ritirata
Tosto comanda: tutti in disordine
Fanno ritorno dal podestà.

Quell’uom onesto cade in isbaglio,
Coi più notabili compaesani
Fan che le porte del borgo misero
Stiano chiuse fino al domani
Ed a custodia montino guardia
Per turno i militi fino al mattin.

Spuntava l’alba nel ciel purissimo:
Tra l’chiaro oscuro, non più lontani
La della porta Sottana Bormida[22]
Cinque a cavallo creduti estrani
Quelli guardiani con una scarica
Tre ne fan morti due fuggir.

E perquisiti dei tre cadaveri
Uno di loro, qual ajutante
Del Generale[23] aveva un dispaccio
Pel Podestade ed era pressante
E spaventati del fatto orribile
I tre cadaveri presto sottrar

Dai due fuggiti sentito annunzio
Dell’incredibile barbaro fatto
Victor[24] valente soldato celebre
E Comandante, tutt’ad un tratto
Trattar decide nemico Cairo
E di punirne la slealtà.

La Divisione mette in battaglia
La stessa porta sfonda il cannone
A baionetta marcia terribile
Sgomenta tutti, comanda impone
Il podestade con i notabili
Senza ritardo tosto arrestar.

In un istante lo crudel ordine
Fu posto in atto: di quel paese
Li cittadini li più notevoli,
Che non avevano precauzion prese
Furo arrestati, tradotti subito
Dal Comandante la Division.

Un inaudito misfatto barbaro:
Imprese a dire lo Generale
In tuon severo con la minaccia:
Commesso avete che mai l’uguale
In questi tempi da verun popolo
Civilizzato commesso fu.

Che se non siete veri colpevoli
dell’assassinio dell’ajutante
E delle guide ne siete i complici
Che fa lo stesso; più le fragranti
Ostil misure della Repubblica
Alli soldati d’ostilità.

Il mio uomo nella sua carica
All’irritato gran generale
Tranquillo parla con questi termini:
Ci fate carico d’una fatale
Grande sciagura: non è colpevole
Chi l’intenzione del mal non ha.
Quanti qui siamo della Repubblica
Siamo gli amici, continue prove
Con sacrifizi la mia famiglia
Ha sempre dato; se non vi move
Più la pietade; se la giustizia
Copre d’un velo fatalità

Risoluzione prima di prendere
Contro di noi, delle rovine
Ancor fumanti di tutta l’isola
All’est di piazza, delle ferrine[25]
Falangi barbare, qual indelebile
Memoria atroce contro di me:

Guardate almeno; poi questa lettera
Che fu cagione dell’avvenuto
Grande misfatto, con quell’ingenita
Moderazione che è l’attributo
Che vi distingue, che vi fa celebre
Come nell’armi, leggete ancor.

Appena letto quel tristo foglio
Il generale così risponde:
Sulla parola voi siete libero ,
Il vostro detto fiducia infonde
Con tutto questo non posso esimermi
Di dare esempio per l’avvenir.

Egli s’installa, prende l’alloggio
Delli Patetta nell’ampia casa,
E nel salone, tutti i notabili
Mani legate giudizio basa
E dello giorno minacciante ordine
Fa pubblicare come qui sta.

Tratti in inganno dagli ecclesiastici
Delitto atroce avete commesso
Assassinando il parlamentario
Con due guide che aveva appresso:
Meritereste che con l’incendio
Facessi rasa questa città.

Vi compatisco delusi e creduli
Ma pagherete fra quaranta ore
Duecento mila lire tornesi[26],
Le quali scorse, senza dimore,
Se non pagate, dello saccheggio
Avrete il guasto per punizion.

Questo proclama tanto terribile
È conservato fra molte carte
Ora confuse della famiglia[27];
Ma se Dio vuole metterò a parte;
Porta la firma del funzionario
Stato Maggiore: Di Molitor.

Del generale la giusta collera
Per mitigare e per l’innato
Cortese tratto, la nonna[28] placida
In stanza gialla letto montato
Con biancheria bella finissima
Aveva pronto pel generale.

Ma lo soldato delle battaglie
Tutto vestito cogli speroni
Senza riguardo sul letto serico
Si coricava che i battaglioni
Degli Austrorussi non dando tregua
All’erta stava, pronto a partir.

E la mia nonna trovata lacera
La damascata coperta gialla
Ne soffre pena: ricordo vecchio
Della famiglia, stoffa di galla[29]
Che conservava quale antichissimo
Tessuto serico di rarità.

Ma della truppa la retroguardia
Giunge inseguita: la divisione
Dal generale riceve l’ordine
Della partenza che in posizione
Di disfavore nella battaglia
Tentar la sorte, sarebbe error.

Pel pagamento non ha ancor termine
L’ora fissata ma il generale
Per sicurezza, per guarentigia
Emana l’ordine secco formale,
Il podestade e con i notabili
Tenere ostaggi presso di se.

Con tutta fretta quasi in disordine
L’armata parte, seco conduce
Come fu detto tutti i notabili,
Ed i tedeschi d’aspetto truce
Prendono il posto lasciato libero
Ed il paese spogliato fu.

Nel breve tempo che si fermarono
Brutali e barbari senza pietade
Con spogliazioni, d’ogni nequizia,
Di nefandezze, di crudeltade
Del lor passaggio traccia indelebile
Perenne impressa in Cairo restò

Ma nella notte compatti partono
Con grandi marce nella vallata
Di Cadibona presto raggiungono
La retroguardia e tutta l’armata
Di Victor prode, pronta a combattere
Ed incominciano a schioppettar.

Più non potendo scansar battaglia
Lascia andar liberi tutti gli ostaggi
In ritirata bravo strategico
Sempre battendo porta vantaggi
Ed acclamato guadagna Genova
Dove Massena[30] lieto abbracciò

Giorno di festa, giorno di gaudio
Fu pel paese l’ritorno pronto
Dei cittadini più benemeriti;
Il mio nonno uomo di conto
Con i fratelli Filippo e Biagio[31]
La sua famiglia pronto abbracciò.

La spogliazione con la cattura
Da padre degno, da uomo forte
Colla coscienza dell’uom benefico
Provò tranquillo, ma le ritorte
Furo più gravi pel fratel Biagio
E per Filippo che pianse ognor

Ma le attenzioni della famiglia,
Del nipotino tenero affetto
Quell’alme buone tranquillizzarono
E qual fu sempre loro diletto,
Uno l’uffizio di confraternita
L’altro alla scuola torna a insegnar

A riparare per il possibile
Di lunga guerra i sofferti danni
Il nonno mio lascia la carica
Che aveva coperto per quindici anni
E le rovine di tutta l’isola
Stata abbruciata tosto vendé.

Con lo ricavo del numerario[32]
Provvede bestie per la coltura
Ed alle case le suppellettili
Mobili, generi d’ogni natura
E per molti anni colla famiglia
Vive in tranquilla prosperità.

(Rip. Vietata) 



§§§§§§§

 

Pianta di  Cairo all'inizio dell'800



[1] ) Sulla cronaca in poesia qui presentata v. anche G.P. Patetta Rotta, Due secoli in versi: i Patetta, famiglia di Cairo Montenotte, in Il giorno delle radici: Atti dei convegni sulla storia della famiglie, Priero  2004-2005, p.11-17

[2] ) L’Avvocato Facino (o Fassino) nell’aprile del 1796 risiedeva a Millesimo ed ebbe l’occasione di ospitare nella sua casa il gen. Augereau durante la “battaglia di Cosseria”, di cui lo stesso avvocato lasciò una gustosa descrizione  (v. https://storiadellavalbormida.blogspot.it/2017/03/linvasione-napoleonica-in-val-bormida_28.html#more ).

[3] ) Sull’operato del Regio Prefetto Facino proprio in quei giorni v. C. Prosperi, Ai margini dell’insorgenza strevese del 1799, in Atti del Convegno l’Insorgenza di Strevi del 1799, Acqui Terme, 2000, pp- 210 etc. L’autore ricorda anche la, chiamiamola così, capacità di adattamento del nostro uomo ai vari cambi politici/istituzionali di quei giorni tumultuosi.

[4] )E. Zunino, Cairo e le sue vicende nei secoli, Cairo, 1929, p.201, fornisce anche il nome di uno dei caduti francesi, Lameroi.

[5])E. Zunino, ibidem, riporta  un’annotazione dell’arch. Parr. Di Cairo riferentesi a tale circostanza: “dopo aver esatto somme indicibili, e quanto di bello e buono avevano i capi di casa, spogliate le mogli dei loro ornamenti, debellata la chiesa dei suoi arredi, non sazi, trassero sul genovesato, in ostaggio, molti amministratori, buoni possidenti ed ecclesiastici, per cui si pagarono da genovesi somme non indifferenti per soddisfarli”

[6]Galla = gala, di pregio.

[7] Quindi nell’ anno 1799.

[8] Austriacante = Simpatizzante per gli Austriaci.

[9] Ottavo figlio di Francesco Patetta e di Eleonora Fontana. Nato a Cairo Montenotte l’ 8-2-1755 ed ivi  morto il 4-1-1823, fu podestà di Cairo per15 anni nel periodo napoleonico dal 1784 al 1799.

[10] Nono figlio di Francesco Patetta . Nato a Cairo il 5-4-1759 e morto a Millesimo il 19-3-1826.

[11] Il primogenito era  Giovanni che però essendo prete lasciò la  primogenitura al fratello più giovane.

[12] Giovanni, Biagio, settimogenito di Francesco nato a Cairo il 4-4-1752 ed ivi morto il 27-12-1814.

[13] Ciapi è una delle proprietà della famiglia Patetta.

[14] Cirieggie = ciliegie

[15] Filippo Patetta.

[16] Francesco Patetta aveva, quando si verificano i fatti narrati, 14 anni,

[17] Massaro = mezzadro.

[18]  Ritratta = ritirata.

[19]  Repubblica = Repubblica Francese.

[20] L’avanguardia  della milizia di Cairo scorge il numeroso contingente francese e viene deciso di ritirarsi in Cairo.

[21] Filippo Patetta.

[22] Il fatto è riportato da E.Zunino, Cairo e le sue vicende nei secoli.(1929)

[23] Non più Filippo Patetta ma  il Comandante dei Francesi.

[24] Claude Victor Perrin detto Le beau solei 19° Maresciallo di Napoleone. Nato il 7 dicembre 1764 nei Vosgi a Lamarche e morto a Parigi il 1 marzo 1841. Fu nominato Conte di Belluno.

[25] Ferrine = della natura del ferro cioè dure

[26]Lira Tornese =  Moneta d’ argento coniata aTours in Francia da Luigi  IX nel 1266 e molto imitata in Italia e altrove.

[27] Pino si ripromette di riordinare le carte della famiglia tra le quali si dovrebbe trovare la copia di questo proclama. Purtroppo però, a quanto è dato di sapere, non si ha conoscenza dell’esistenza di questo documento.

[28]Teresa Garelli nata a Cairo il 18-7-1751 ed  ivi morta il 13-9-1821.

[29]Galla = gala, di pregio.

[30]André Massena , maresciallo duca di Rivoli e principe di Essling. .

[31] Biagio = molto probabilmente si tratta del fratello prete Giovanni Antonio Biagio. E’ abbastanza comune, in Piemonte, l’abbitudine di utilizzare il secondo o terzo nome di una persona,

[32]Numerario = denaro effettivo Quindi con il denaro ricavato dalla vendita.......


Leonello Oliveri

Proprietà letteraria riservata

Riproduzione Vietata