giovedì 3 luglio 2025

Un po' di conti in tasca al conte



Leonello Oliveri
Proprietà Letteraria riservata
Riproduzione vietata


Un po' di conti in tasca al conte 

(in costruzione)

La nostra lunga ricerca, volta ad arricchire con sempre nuovi tasselli la storia di quella che è la nostra "piccola patria" ci porta ora di fronte ad un documento della fine del XVI secolo, molto utile in quanto fornisce sia precise Indicazioni su alcuni paesi della Val Bormida (Pallare, Osiglia, Bormida) sia sulle basi economiche costituenti l'essenza stessa della forza dei feudatari locali.

Il documento in questione, a quanto mi risulta inedito, risale al 1597. Con esso il marchese Sforza Andrea Del Carretto, ultimo discendente dei Del Carretto del ramo finalese, all'epoca ancora feudatario, oltre che di Finale, anche di diversi paesi dell'entroterra (Carcare, Pallare, Bormida, Osiglia, Calizzano e Massimino) decide di premiare la fedeltà di un altro Del Carretto del ramo millesimese, il conte Nicolò, signore di Millesimo che era stato suo rappresentante e a suo nome aveva governato diversi paesi della valle, ricambiandolo con la concessione di beni in Pallare, Bormida, Osiglia.

L'atto si inquadra nell'atmosfera degli ultimi anni del '500, allorché i Del Carretto di Finale , di cui Sforza Andrea fu l'ultimo marchese, consapevoli ormai delle insuperabili difficoltà che avrebbero incontrato per conservare l'indipendenza fra Genova, Savoia, Monferrato e Spagna, decidono di vendere a quest'ultima quanto restava ancora del loro antico marchesato, anche facendo leva sull'enorme importanza strategica che il possesso di questa stretta striscia di terra aveva per la Spagna.

Prima della vendita, che seguirà di lì a poco, Sforza Andrea vuole saldare i suoi debiti nei confronti del Conte di Millesimo, suo parente nonché vassallo.

Dal documento possiamo intravedere alcune di quelle che erano le maggiori fonti di reddito (e quindi di potere) per i feudatari valbormidesi.

Innanzitutto le tasse dirette riscosse dagli abitanti dei diversi paesi, tasse pagate ora in denaro, ora in natura: da Pallare il feudatario ricavava annualmente una certa quantità di biada (la benzina dell'epoca), 48 galline (una per ogni fuogo, cioè per ogni nucleo famigliare) e 17 ducatoni, pari a 306 fiorini, quando un manovale prendeva 1 fiorino e mezzo al giorno.

I pallaresi, inoltre, erano tenuti a versare al feudatario una tassa pari al 5% sulle operazioni di compra-vendita, che saliva al 10% in caso di vendita totale di tutti i beni in seguito a trasferimento.

Gli abitanti di Osiglia e Bormida, che allora costituivano un'unica comunità, si pagavano invece, oltre alla solita gallina, una "parpagliola" (moneta in mistura - cioè in lega d'argento- dal valore, non elevato, di 2,5 soldi quando per fare un fiorino ne occorrevano 20. Pare di capire che tale tassa, definita "per la vardia" fosse una sorta di corrispettivo per essere esentati dal prestare la loro opera al servizio di guardia al castello; dieci famiglie del borgo di Osiglia non la pagavano, forse perché la sostituivano con l'offerta di giornate a disposizione del feudatario

Tutto sommato non sembrano tasse molto elevate, ma non erano le uniche che gli abitanti dovevano pagare, in un'epoca, inoltre, in cui il denaro circolava ben poco fra i contadini.

Molto interessanti sono poi le altre notizie forniteci dal documento: sappiamo infatti, per suo tramite che il feudatario possedeva, oltre al castello di Osiglia, e a diversi boschi di castagna, un mulino a Pallare affittato per 540 fiorini all'anno (rendeva cioè più di tutti gli abitanti del paese, tre molini "ad una ruota per ciascuno" a Osiglia e a Bormida (di cui però non si conosce il reddito), i diritti su una ferriera di proprietà privata a Bormida da cui il feudatario ricavava ogni anno una tassa do 12 rubbi(=96 kg.) di ferro, un'altra ad Osiglia con un reddito annuo di "un crosone" (non doveva trattarsi di una grossa cifra, visto che in quegli anni io chiesa di Bormida aveva un reddito di 70 crosoni e quella di Biestro di 100), quattro "reseghe”, (cioè segherie ad acqua nel territorio di Osiglia e Bormida le quali, di proprietà di "particolari - cioè di privati- rendevano in tasse ben.. 2 galline all'anno per ciascuna "che sono regali spettanti al padrone per l'uso dell'acqua", che era di proprietà marchionale 

Infine finivano nelle tasche dei feudatario anche i proventi del pedaggio (oggi si direbbe del "casello") di Bormida, posto sulla strada che univa l'entroterra alla costa finalese

E proprio questi dati sono, a mio avviso, quelli più interessanti dal punto di vista storico, in quanto ci forniscono uno spaccato abbastanza preciso e circostanziato sulle fonti di reddito dei potere feudale in Vai Bormida, che pare sempre di più basato non "sulle proprietà terriere" e sull'agricoltura, ma sui redditi provenienti dal controllo delle "industrie" o dei monopoli dell'epoca: forge, ferriere, segherie, molini,, oltre che sulla fiscalizzazione diretta e sul pedaggi, Anche in ciò il feudalesimo valbormidese, più vitale che altrove per quanto riguarda la sua estensione temporale, offre un elemento di novità rispetto ad altri.

Un ultimo dato interessante fornitoci dal documento è quello relativo alla consistenza numerica dei paesi ricordati: 48 famiglie a Pallare, 191 fra Bormida e Osiglia. Se moltiplichiamo tale cifra per quello che pare essere in quegli anni il numero medio dei componenti di una famiglia valbormidese, cioè 3,9 individui, abbiamo poco meno di 200 abitanti per Pallare e 744 per Bormida -Osiglia: cifre queste assai vicine a quelle ricostruibili tramite le relazioni delle visite pastorali di quegli anni.

Ecco il testo del documento:

15 ottobre 1597 -nota delli luoghi, ragioni ed effetti dati in cambio all'illustrissimo sig. conte di Millesimo

Fede dell'ecc.mo Sig. Sforza Andrea Del Carretto. Siccome il Sig. Conte Carretto di Millesimo, governatore per lo stesso deputato del feudo imperiale, borgo e castello e delle milizie di Calizzano, Massimino, Osiglia e Carchere in tutto il tempo che ha avuto e coperto un tal vassallaggio in essi luoghi si è portato a seconda del desiderio e sodisfazione sua e con universale contento di tutti.

Li luoghi che si danno in cambio al Sig. Conte et sue raggioni et effetti consistono in quello che segue:

1) Il luogo di Pallare, comprese anche per la parte di detta terra et suo territorio che è di finaggio al presente delle Carcare, che tutta consiste in fuoghi 48;

Un mulino in detto luogo di Pallare, affittato al presente ducatoni 30 con il multiplico di fiorini 18 (=540 fiorini= 1 anno di stipendio di 1 manovale) per cadauno;

La parte di Pallare propria di essa comunità paga per ogni anno biada ... novanta due, galline n. 48;

La parte di Pallare che era Commune delle Carcare paga (ducatoni) 17 (=306 fiorini, 6 mesi di stipendio), cioè la quinta parte di ducatoni?) 87 che paga la comunità delle Carcare. Questa istessa parte per la vendita e la compra paga al padrone, in ragione di uno per venti, e quando le vendite sono di tutto quello che l'uomo possiede paga 2 venti.

Un pozetto (?) proprio della Regia Camera.

2) Li luoghi di Bormida e Osilia che consistono come segue, e sono tutte una comunità, che consiste in fuoghi 191, galline 191, cioè una per fuogo;

Una parpagliola per luogo per fuogo per la guardia, eccettuato però 10 fuoghi che sono col borgo di Osilia che non la pagano, che sono parpagliole 181;

Tre molini di una ruota per ciascuno;

Due piote (?) de canepa;

Alcuni boschi di castagna;

Una ferriera in Bormida che paga 12 rubbi (96 Kg) di ferro ogni anno;

Un'altra ferriera alli Ronchi d'Osiglia che paga un crosone l'anno;

Ouattro reseghe che pagano due galline ciascuna; quali ferriere tutte e reseghe sono di particolari, pagano a S.M. per rispetto dell'uso delle acque di Bormida e di Osiglia, che sono regali spettanti al padrone,

In Osiglia il castello;

Un pedaggio in Bormida;

La giurisdizione civile e criminale tra tutti i luoghi.


Leonello Oliveri

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