mercoledì 24 aprile 2024

LA CONQUISTA DEI DIRITTI NELLA VALBORMIDA MEDIEVALE

 


Ogni diritto va conquistato,
ogni conquista va difesa (W.Ledroit)

Leonello Oliveri


Proprietà Letteraria riservata
Riproduzione vietata

Studiare la storia della propria terra significa anche riscoprire le lente, sofferte tappe attraverso le quali coloro che ci precedettero arrivarono nel tempo a costruire per sé e per i

Cosseria 1491

propri figli una vita di uomini liberi.

 La conquista della dignità di un uomo, dei diritti civili e sociali, fu un lento travaglio iniziato (o meglio, iniziato di nuovo) nel Medioevo e che mai può dirsi concluso, perché non solo la libertà ma anche i  diritti fondamentali, primo fra tutti l’indipendenza dalla povertà, non sono un bene che si conquista una volta per tutte: e ciò è tanto più attuale oggi, in un periodo nel quale talora -con il pretesto delle precarie condizioni di sicurezza ed economiche in cui si vive- i nostri fondamentali diritti civili e sociali sono tutt'altro che considerati intangibili. Quanto si è conquistato con secoli di lotte può essere riperso, in un attimo o per lenta erosione,  e per riconquistarlo occorrono nuovamente secoli.

C’è un esempio illuminante al riguardo: nel 287 a. C. con la lex Hortensia ([1]) la plebe romana ottiene una conquista importantissima: le sue deliberazioni diventarono  legge per tutti, patrizi e plebei. In  quell’anno si conclude un iter di lotte iniziato oltre 200 anni prima, e i plebei conquistano l’uguaglianza giuridica nei confronti dei patrizi:  da allora tutti i cittadini romani ebbero (teoricamente) gli stessi diritti ([2]). Tale uguaglianza verrà persa 300 anni dopo, quando la Repubblica diverrà Impero. Ebbene, per riconquistare tali diritti, e prima di tutti quello di voto, occorreranno duemila anni di lotte: perché tutti (i maschi liberi e maggiorenni) potessero riottenere il diritto di voto in Italia bisognerà infatti aspettare fino alla riforma elettorale del 1912 (suffragio universale maschile). Insomma, la plebe di Roma aveva più diritti 2000 anni fa di quanti ne avessero i nostri bisnonni all’inizio del secolo ([3]).


  Può essere quindi interessante ripercorrere le  prime, incerte tappe che nel medioevo ormai avanzato segnarono per i nostri antenati valbormidesi la riconquista dei loro primi e più importanti diritti. Ovviamente non parleremo di quelle libertà garantite oggi dalla Costituzione, impensabili nel Medioevo, ma dei diritti fondamentali, primo fra tutti l’indipendenza dalla povertà,

 In realtà il termine di diritti può essere, in questi casi, improprio: nei secoli XIII e XIV, infatti, il rapporto tra l'autorità - il feudatario- e il suddito non era certo paragonabile a quello attuale: il suddito era appunto suddito, non poteva certo pretendere sulla base di un diritto naturale  ma solo chiedere. Maggior, rispetto meritano quindi le conquiste di allora proprio per la notevole distanza tra il "cittadino" e il signore e dietro le benigne concessioni di quest'ultimo c'erano, spesso, secoli di sopraffazioni, sofferenze, attese e delusioni.

      In questo nostro articolo vogliamo brevemente ripercorrere alcuni di questi momenti, incentrando in particolare la nostra attenzione su un documento risalente al 13 settembre del 1253.

Con esso il marchese Giacomo Del Carretto concede agli abitanti di Millesimo il diritto di pascatico, cioè  la possibilità  di far pascolare le loro bestie su di un ampio prato di sua proprietà che si stendeva lungo le sponde del Bormida, dal prato del monastero di S. Stefano da una parte e il torrente Zemola dall'altra, fino al "Rivum Frigidum", Riofreddo.

Poca cosa, si dirà.

In realtà la concessione, operata dal figlio di quell'Enrico Del Carretto che aveva rifondato -cioè rivitalizzato e rilanciato - Millesimo nel 1206, è importante nella ricostruzione della lenta conquista  dei diritti da parte degli abitanti del paese: è infatti ovvio che tale concessione, in un periodo in cui l'agricoltura rappresentava la principale fonte di vita, rappresentava un passo indispensabile per il costituirsi di un territorio comunale che fosse gratuitamente fruibile dagli abitanti per una destinazione in senso lato agricola (in questo caso il pascolo del bestiame) senza che gli stessi fossero  obbligati al pagamento di un canone, o comunque soggetti al beneplacito del feudatario. Nella dialettica Comune (o meglio, Comunità)- Signore questo documento assume quindi un'importanza notevole, garantendo l'acquisizione da parte degli abitanti di Millesimo di un elemento indispensabile per la realizzazione di quella indipendenza economica senza la quale era impossibile sia una dignitosa condizione di vita sia una rivendicazione dei propri diritti civili.

C'è ovviamente da notare che la concessione viene fatta dal feudatario non perché lo stesso riconoscesse ai suoi sudditi il diritto di usufruire della  terra, ma solo in ringraziamento del buon servizio che egli ricevette e spera di ricevere ancora dagli abitanti di Millesimo: un dono graziosamente elargito, quindi, e non una conquista sulla base di un diritto.

  Ma da allora quello del pascatico resterà per la Comunità millesimese un diritto irrinunciabile.

  Ecco, di seguito, e tradotto in italiano, il testo del primo documento ricordato in queste brevi note, quello del 13 settembre 1253:

"Donazione fatta dal Marchese Giacomo Del Carretto di parte di pascolo ivi descritto a favore degli uomini e Comunità di Millesimo  -13 settembre 1253.

In nome di Dio Amen. Alla presenza dei testimoni sottoscritti il sig. Giacomo Del Carretto Marchese di Savona per sé e per i suoi eredi, gratis e per riconoscenza, dona a Enrico Giudice di Finale, accettante al posto e a nome della Comunità degli abitanti di Millesimo, per il buon servizio che dagli stessi abitanti ha ricevuto e spera di ricevere (tutto il dominio utile) da una parte e dall'altra del fiume Bormida dal prato del Monastero di S. Stefano da una parte e dal torrente Zemola dall'altra fino a Rio Freddo, in modo che gli stessi abitanti di Millesimo e i loro eredi in perpetuo possano e debbano far pascolare le loro bestie senza alcuna contraddizione da parte dello stesso sig. Marchese o suoi eredi promettendo per parte sua e dei suoi eredi di considerare e tenere la predetta donazione ferma in eterno e di non revocarla mai né personalmente né tramite altri. A memoria di tale decisione e per sicurezza degli abitanti (il Marchese) ordinò che venisse redatto questo pubblico documento.

Fatto a Finale, nella sala grande del palazzo nell'anno 1253 il giorno di sabato 13 del mese di settembre. Testimoni Bernardino Giudice , Giacomo Battista Giudice e frate Anselmo dell'ordine dei Minori.

Io Bernardo di Varazze notaio scrissi per ordine del Marchese"

  Quello di pascatico era un diritto fondamentale, per il quale le comunità si erano battute già da tempo, dovendo lottare sia col Feudatario, sia con le comunità vicine.

Al 1080 risale, per esempio, una delle prime convenzioni, quella tra gli uomini di Cairo (tam maiores quam minores) e quelli di Savona ([4]), riconfermata nel 1194 ([5]). Nel  1136 saranno i Deghesi a stipulare un’analoga convenzione sempre con  Savona ([6]), nel  1227 ([7]) gli uomini di Millesimo e Cosseria, nel 1256 ad ottenere tale diritto saranno gli uomini di Carcare, Bogile, Altare ([8]).

 A queste concessioni altre se ne aggiungeranno nel corso degli anni.

Il 22 febbraio 1270 i figli di Giacomo,  i marchesi Corrado I ed Enrico III, rinunciano in parte alla riscossione di alcune tasse di successione, compravendita, donazioni, mentre l'anno successivo, il 14 gennaio, il giudice Marenco sentenzia che ogni  "bandita" (cioè ogni proibizione  fatta dal feudatario di accedere a determinati boschi) sul territorio di Cosseria, Cengio e Roccavignale non doveva pregiudicare i diritti di boscatico‚ legnatico, pascatico (la possibilità  cioè di raccogliere legna e far pascolare le bestie) già goduti dai millesimesi: segno inequivocabile,  questo documento, che la Comunità ha ormai raggiunto una maturità tale da poter ricorrere alla Magistratura nella difesa dei propri diritti di fronte alle  pretese dei feudatari.

Altra conquista di grande importanza è quella relativa al diritto di successione.

 A Cairo una concessione di tal tipo risale al 1225 ([9]), diritto riconfermato nel 1307 ([10]). A Cengio tale diritto è confermato nel 1440, allorché i rappresentanti della comunità riescono ad ottenere da Corradino ed Ottone del Carretto che, qualora qualcuno morisse senza aver fatto testamento e senza figli, i suoi beni andassero ai suoi fratelli e sorelle e non, come prima, al feudatario ([11]).

E’ interessante notare che i “diritti” che vengono così conquistati, e per i quali furono necessarie continue riconferme, riguardano esclusivamente aspetti per così dire “economici” e non le fondamentali libertà costituzionali  quale la intendiamo noi: per queste bisognerà aspettare ancora almeno fino alla  Rivoluzione Francese.

Ed è altrettanto ovvio che proprio la necessità di continue conferme per diritti ormai acquisiti testimonia che, in realtà, tali acquisizioni dovevano essere continuamente difese.

E questa è una lezione da non dimenticare.

Leonello Oliveri


Proprietà Letteraria riservata
Riproduzione vietata


[1]) La Lex Hortensia De Plebiscitis fu promulgata a Roma in seguito ad uno dei tanti conflitti  tra patrizi e plebe. Con  tale legge le decisioni prese durante i concilia plebis erano vincolanti per tutti, patrizi e plebei. Di conseguenza  i plebisciti (le decisioni dei concilia plebis tributa), furono equiparati  alle leges rogatae, emanazione dei comitia centuriata dove la nobilitas aveva la maggioranza.

 [2] ) Ovviamente tale parità di diritti era solo teorica: lo Stato romano viveva a spese delle popolazioni sottomesse, i plebei (di Roma) potevano sì votare ma la loro incapacità economica li rendeva clientes dei loro patroni, con tutte le conseguenze del caso, specie appunto in occasione delle votazioni (che si svolgevano solo a Roma). Perché i diritti connessi con la cittadinanza romana venissero estesi a tutte le province bisognerà aspettare 400 anni, fino alla Costituzione Antoniniana di Caracalla del 212 d.C.

 [3] ) Del resto i diritti (secondo alcuni i privilegi) sul campo lavorativo e sociale di cui godevamo anche solo una ventina di anni or sono non erano forse maggiori rispetto agli attuali ?

[4] )  5 maggio 1080, Savona gli uomini di Cairo e Savona stipulano una convenzione:

  Conventio inter homines de Cario tam maiores quam minores ad pascendum a iugo usque mare sine scadica et pascatica. Et si avenerit ut bestie illorum dannum fecerint per negligentiam pastorum, tum illi homines emendent damnum. Preedicti homines de Cario sponderunt quod in predictis silvis nullum laborem faciant nisi habitaciones ad pastores et bestias eorum.(Atti e Memorie Società Savonese Storia Patria – AMSSSP-,XXI,1986,56)

 [5] )  11 gennaio 1194 Savona il Comune di Savona e gli uomini di Cairo stipulano una nuova convenzione:

Antiquus usus est quia saonenses dederunt hominibus habitantibus in Cario silvas que sunt comunis saone ad pascendum sine danno saonensium, et propter istum usum promiserunt illi homines de Cario qui venerunt pro comuni Carii silicet Gualfredus ed gandulfus Tagliaferro, Georzo, quod nil facient in predictis silvis laborem aliquem vel culturam nisi habitationes ad pastores et bestias eorum (AMSSSP,XXI, 1986, 259)

 [6] )  25 marzo 1136, I consoli di Savona e gli uomini di Dego fanno una convenzione:

Consules dederunt ad homines de Dego tam maiores quam minores silvas que sunt iuris eorum saonensium ad pascendum a iugo usque mare sine damno saonensium et vilanorum sine scadico. Propter iustum usum spoponderunt predicti homines de Dego quod in illis silvis predictis nullum laborem vel culturam faciant nisi abitationes ad pastores et bestias eorum (AMSSSP,XXI,1986)

 [7] ) 5 maggio 1227, Savana  Amedeo di Savoia,vicario imperiale concede franchigie agli uomini di Millesimo e Cosseria:

  Carta inter comune Saone et homines Cruceferriae. Amedeus concessit Henrico Calcebovi de Cruceferrea et Raimondo Flore, Willielmo Taliecerro, Andrea Bynico etc. de Meleximo recipientes vice homines de Cruceferria et de Meleximo et omnium hominum domini Henrici de Carcheribus, et Bocili et Altaris habere libertatem et franchitatioem in Saona tali modo quod non teneantur dare pascaticum, pedagium, gabellam nisi tam quam aliqui cives Saone et pro hac datione et concessione supradicti Henrico et Raimundo (promiserunt) adiuvare, difendere et mantenere civitatem Saone et omnes homines habitantes in ea tam per pacem quam per guerra (sic!) et contra omnes homines preter contra quem suum dominum vel dominos

 [8] ) 6 maggio 1256 Savona Sentenza del giudice Matteo Marengo tra il comune di Savona e gli uomini di Cosseria, Millesimo, Carcare Bogile Altare sudditi di Giacomo Del Carretto :In primis statuimus quod homines Crucisferreae et Milleximi et homines de Carcharis, Bogilio et Altari libere et abosolute sine aliquo pascatico et sine alia qualibet exavctione in silvis et nemoribus comunis Saone oves, capras et boves et iumenta et animalia omnia sua ducere et tenere ad pascendum possint a festo sancti Andree usque ad festum sancti Georgi dictis duobus festivis inclusive et non exclusive intellectis (..) possint facere ignem in ipsis silvis atque habitationes et frascatas sibi et ovibus de lignis siccis sive de lignis inventis incisis: si ligna sicca vel incisa non reperirentur omnia ligna virida incidere possin preter quam palleras, quercus et cerrus et castaneas et alias arbores domesticas: Item statuimus quod pastores in silvis et nemoribus supradictis debeant et teneantur semper et quotiens se removebunt et discesserint a loco in quo ignem habuerint vel fecerint dictum ignem extinguere in totu.
Item statuimus qui dicti homines in ipsis silvis possint facere habitationes et frascatis sibi et ad oves, hoc sane intellecto quod pro dictis habitationibus et frascatis non sit eis licitum neque debeant vel possint pallerem, quercus vel cerrum vel castaneas ad pedem vel ad calcem incidere, nec eas cimare, sed hoc facere possint de ramis et frondibus (…) (AMSSSP, XXII, 1987)


[9]) 6 dicembre 1235 Cairo. Ottone Del Carretto concede ai cairesi la libertà di testare e di succedere: Ego Otto De Carreto dono et confirmo vobis, populo sive communis Carii et adiuvabo omnes conventiones et conventus quas hactenus habuistis cum avo meo et malas omnimodo relinquo, quae bonae et boni tales sunt videlicet quod filius succedat patri et matri et pater et mater filio premortuo et frater fratri si non sunt divisi succedat: et si est divisus, nec condidit testamentum de ereditate fratris premortui sine herede legitimo se debeat concordare cum marchione cum modico pretio. Item si quis vel si qua fuerit habitator Carii possit de rebus suis testari libere et ipsas legare et dimittere cuicumque voluerit dummodo tertiam partem legaret domino Marchioni(..) hoc est de illis qui non habent heredem sive heredes.
Item quod possint pasturare et allevare in valdo marchionis sine drictu et fictu. Item quod domo set possessiones quae sunt in Burgo Carii possint et debeant legare, donare et vendere quisquis cuicumque voluerit non dimissa aliqua parte Marchionis nec inde eius requisita voluntate(..) (Moriondo, Monumenta Aquensia, II, 569).

 [10] ) 25 settembre 1307 Cairo. Ugo del Carretto nella chiesa parrocchiale di Cairo rinnova la remissione di ogni diritto di successione “ decretando et concedendo quod dicti homines sint liberi, absoluti et franchi et tamquam cives romani habeantur" (G.Rossi, 13, Arch. Com. Cairo)

[11] ) 14 marzo 1440 Millesimo. Francesco Bagnasco e Cristoforo Bos, rappresentanti della comunità di Cengio, ottengono da Corradino ed Ottone Del Carretto che i beni del de cuius defunto ab intestato e senza figli vadano ai fratelli e non al feudatario (Sv. Arch. di Stato, fondo pergamene n. 36).




Cengio 1440