venerdì 26 aprile 2024

La "questione" dell' Inno d'Italia: Mameli, Canata e il Collegio di Carcare

 

 


Leonello Oliveri

Proprietà letteraria riservata
Riproduzione vietata

( in costruzione)

Era il 1961, centenario dell’Unità d’Italia.

All’epoca, giovane studentello, frequentavo le scuole medie nel Collegio delle Scuole Pie di Carcare. Per celebrare l’anniversario la scuola organizzò una gita a Torino,

Il Collegio delle Scuole Pie di Carcare

 per vedere i padiglioni di Italia ’61. Ricordo ancora il viaggio, breve ma per noi elettrizzante, sulla monorotaia. Nell'occasione visitammo anche il Museo del Risorgimento. Al ritorno uno dei padri  insegnanti accompagnatori ci disse (più o meno): “Sapete ragazzi che l’Inno di Mameli potrebbe essere  nato a Carcare, nel nostro Collegio, e che alla sua origine potrebbe non essere estraneo un nostro insegnante, il p. Canata?”.

Fu allora che per la prima volta  udii il nome di Carcare, del Collegio delle Scuole Pie e del padre Atanasio Canata collegati all’Inno di Mameli.

 

La storia di Mameli, e anche dell’Inno,  è infatti legata anche al Collegio delle Scuole Pie di Carcare.

 Tutti  sanno che l’inno fu  composto (intorno al 1847) dal patriota  genovese  morto  nel 1849 - ucciso da quello che oggi si definirebbe "fuoco amico"- durante la cosiddetta “Repubblica Romana”. Ma chi sa che - almeno una sua parte-  potrebbe  essere stata composta a Carcare? Pochi sono poi a conoscenza di alcune voci  ricorrenti sull’origine dell’inno stesso, che  secondo alcuni potrebbe   essere stato suggerito/composto  ( almeno in parte) dal Canata.

Ma vediamo i fatti.

      Nel settembre del 1846 (ma sulla data e sul fatto stesso non tutti concordano) (1) il giovane Goffredo lasciò   Genova per "rifugiarsi" a Carcare. La sua fu quasi una fuga: comunemente la si collega al fatto che a Genova Mameli era stato sospeso  dall'Università perché  implicato in una zuffa non sappiamo quanto grave (2): forse per questo, forse per altri motivi la sua famiglia ritenne forse opportuno fargli cambiare aria. In ogni caso  Mameli,  ex studente nel 1840 delle Scuole  Pie di Genova (che allora rappresentavano l'alternativa liberale all'insegnamento dei gesuiti)  pensò bene ( o fu mandato) di trovare rifugio nel collegio dei padri Scolopi di Carcare, dove si lavoravano alcuni suoi vecchi insegnanti, fra i quali il p. Ameri (3).

Qui Mameli avrebbe incontrato il padre Canata e da qui è nato la  “vexata questio” dell' origine  dell’Inno d’Italia.

 La "questione" dell’Inno d’Italia

La questione, che trae origine da una   "tradizione orale" nell'ambito del Collegio delle Scuole Pie di Carcare, ( vedi nota 21)   arrivò ai media ( per quanto ne so) per la prima volta nel 1955 in un articolo di Mecca Mameli pubblicato su Liguria a novembre di quell'anno: Mameli  a Carcare " darà vita finalmente fra il settembre e il novembre ’47 [?] al famoso inno nazionale, (..), assecondato da un professore degli Scolopi e precisamente da Padre Canata (..) Fu là, a Carcare, che compose l’inno" . Nel '61 poi, un altro articolo in in cui appare il nome di Canata come "ispiratore"  dell'inno: A. Nucciotti, L'inno nazionale è nato a Carcare, apparso su una pubblicazione edita in Val Bormida, per celebrare il centenario dell'unità d'Italia: "il Mameli ( indicato come l'autore) sottopose il suo Inno al giudizio del Canata (..) il Canata, scriveva allora Nucciotti, credette opportuno di aggiungere di sua mano all'Inno di Mameli la strofa uniamoci, amiamoci etc.". Da allora questa ipotesi riappare ogni tanto. Nel 1968 se ne occupò il carcarese Guido Della Valle sulla Gazzetta della Liguria (4). In anni recenti, poi, è arrivata sulla stampa nazionale, talora con articoli, tuttavia, non sempre ( a mio avviso) equilibrati.

 Qui cercheremo di riassumere la questione e di fare il punto esaminando tutti gli elementi disponibili.

Vediamo intanto di ricapitolare i fatti, in realtà tortuosi.


 Ritratto (di fantasia?) di G. Mameli

       Intanto c'è da dire che nel collegio di Carcare era stato convittore, dal 1839 al dicembre dal '42, il fratello minore di Goffredo,  Giovanni Battista.

Il più famoso Goffredo, invece, si era iscritto alla facoltà di legge dell'Università di Genova (allora strutturata in modo assai diverso dall'attuale per quanto concerne l'età e il livello di partenza degli studenti): "il corso di legge avrebbe dovuto finire nel '47 a 20 anni,  se nel frattempo ( nel 45?) non avesse dovuto incorrere nella pena disciplinare di un anno di espulsione dall'ateneo per un alterco con vie di fatto", così riporta A. G. Barrili in Scritti editi ed inediti di Goffredo Mameli, p. 18  (5): in parole povere Mameli sarebbe stato sospeso  dall'Università perché  implicato in un "alterco con vie di fatto" con un condiscepolo:  non sappiamo se per  questo o altri motivi ( "dopo altri due anni di studio, peraltro già contraddistinti da qualche manifestazione di irrequietezza e da una lunga assenza dalle lezioni per motivi mai chiariti"   https://www.treccani.it/enciclopedia/goffredo-mameli_(Dizionario-Biografico)/la sua famiglia avrebbe pensato di allontanarlo  momentaneamente da Genova. Secondo l'Enciclopedia Treccani tale alterco sarebbe avvenuto non nel '45 ma il 15 luglio del 1843: ma in quell’anno Mameli, nato nel settembre del 1827, avrebbe avuto 16 anni. Forse si potrebbe cercare qualche traccia del fatto negli archivi dell'Università.

Teniamo presente che, all'epoca, le Università dei territori sabaudi erano sottoposti a un rigidissimo  (e bigotto) controllo  sia politico che religioso, mirante a impedire ogni "deviazione" o velleità studentesca (sulle condizioni dell'ateneo genovese vedi qui https://leonelloblog.blogspot.com/2024/02/universitari-genova-nelleta-della.html ).

Per far calmare le acque, e/o per tenerlo lontano dai guai, Mameli, ex studente delle Scuole Pie genovesi, sarebbe stato/fu mandato nel collegio dei padri Scolopi di Carcare, dove lavoravano alcuni suoi vecchi insegnanti, fra i quali il p. Ameri.

Per altri studiosi, però,  ciò ( e anche il collegamento tra il viaggio e "l'alterco con vie di fatto") non sarebbe provato  e  comunque  non si conoscerebbe con esattezza quando questo sarebbe  successo.

 I sostenitori della tesi di un collegamento del Collegio delle Scuole Pie di Carcare e del Canata con la genesi dell'inno,  ritengono che Goffredo  sia venuto a Carcare nel settembre del 1846. Sulla data, come detto sopra, non tutti concordano: teniamo presente che l'Inno, apparso nel 1847, alluderebbe (v. la riscoperta e l'utilizzazione a fini politici della figura di Balilla) ad avvenimenti  appunto del '46.

Gli "Atti " del Congresso

Il settembre del 1846 fu una data assai importante per Genova: nella città ligure il 14 si aprì infatti, sotto la presidenza del marchese Brignole Sale, l'ottavo Congresso degli scienziati italiani cui parteciparono circa 400 studiosi (tra cui Massimo d'Azeglio, Giovanni Berchet, Carlo Cantù): una sorta di "stati generali" di un' Italia ancora divisa che però trovava nella cultura e nella scienza, partendo dalle “scienze esatte”, meno compromettenti, la prova del suo destino all'unità. (v. https://it.wikipedia.org/wiki/Riunioni_degli_scienziati_italiani).
Al Congresso partecipava anche, come membro della Società Agraria di Cagliari, il padre di Goffredo, Giorgio, "cavaliere dei SS. Maurizio e Lazzaro, di Savoir e di S. Gregorio ", capitano di vascello, (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Mameli) le cui posizioni "politiche"  dovevano ovviamente tener conto della posizione professionale e puntavano decisamente sul legittimismo: quindi lontane da quelle del figlio. 
Fra i   partecipanti al Congresso Mameli Giorgio, padre di Goffredo
(v. https://play.google.com/books/reader?id=IEwDeb5WZFMC&pg=GBS.PA44&hl=it
  
E' possibile ipotizzare che Goffredo sia stato provvisoriamente "esiliato" a Carcare proprio per tenerlo lontano da quell'occasione, potenzialmente critica, visto il suo entusiasmo "politico"? 
Il Congresso durò fino al 29 settembre: in questo caso l' "alterco" col compagno e la sospensione dall'Università non sarebbero collegate con il soggiorno carcarese. e proprio il Convegno di Genova potrebbe essere stata la causa ( o una delle cause) del viaggio di Mameli, le date coinciderebbero.

La permanenza ( breve: "quindici, venti giorni"!) di Goffredo a Carcare nel 1846 potrebbe essere  provata dall’incrocio fra tre lettere, due  del p. Ameri, e una dello stesso Goffredo.


La lettera del p. Ameri ( da
V. S. Derapalino, Un collegio nelle Langhe,
Sv, 1972, p. 145)


P. Ameri fu lo scolopio che accompagnò Mameli a Carcare descrivendone il viaggio in due missive. Delle due lettere solo la prima ha una data completa: 15 settembre 1846 (altri leggono 1840: v. nota 6 ). La seconda lettera, poi, manca sia del giorno che dell'anno, essendo datata Carcare, Sabato delle Tempora. Chi volesse controllare personalmente può trovare una riproduzione delle lettere nel libro di V. S. Derapalino, Un Collegio nelle Langhe, Savona 1972, pp. 145, 147 o sul più recente Il Collegio di Carcare di p. D. Casati, Grifl 2007 a p. 226 (7).

 Come detto, altri leggono  1840 invece di 1846 come data della prima lettera (8). Io (per quel che vale)  ci leggo 1846. 

Nelle due lettere (nelle quali non si fa cenno ai motivi del viaggio di Mameli) si parla però di "Mameli", non esplicitamente di Goffredo: i sostenitori della non presenza di Goffredo a Carcare (e quindi dell' estraneità del Canata per quanto concerne l'Inno ) dicono che si allude al fratello, Giovanni Battista, "che fu al Collegio di Carcare a studiare dal 1839 al 1842" (9). C'è però un elemento, che è stato finora trascurato: in una di queste lettere è scritto che "Mameli ha fatto una relazione con li convittori come se fosse loro collega. Punto non si è messo in soggezione”: questa frase ha un senso solo se il Mameli di cui si parla fosse, come Goffredo, appena arrivato: Giambattista, convittore dal '39, era da tempo "loro collega" e non avrebbe avuto nessun motivo per sentirsi in soggezione. Inoltre se il Mameli accompagnato fosse il fratello di Goffredo, non si vedrebbe la necessità di ricordarlo così estesamente in due lettere: Giovanni Battista era infatti uno dei tanti convittori, mentre il fratello Goffredo era, per i fatti dell’università o altri motivi personali, a suo modo “famoso”. In nessuna delle due lettere, comunque, si spiega il motivo del viaggio a Carcare, né lo si riferisce in qualche modo a fatti successi all'Università.

4) La lettera del p. Ameri: particolare della data

I sostenitori del viaggio di Goffredo a Carcare e del collegamento del Canata alla genesi dell'inno (10) ricordano però anche una terza lettera, indirizzata  da Goffredo e da Carcare all'avv.to Giuseppe Canale, amico di famiglia, nella quale balza evidente, fra l'altro la scarsa padronanza dell'italiano da parte del giovane Mameli.

 Gli "oppositori" (11) ribattono che di questa lettera, che proverebbe senza ombra di dubbio la presenza di Goffredo a Carcare, non esiste traccia nelle carte del Canale conservate nella biblioteca Lercari di Genova.

 



 La lettera di Mameli all'avv.to Canale
(Bibl. Civica Carcare)

 In realtà la lettera (o meglio, una sua copia) esiste nel ricchissimo "fondo Barrili" della biblioteca civica di Carcare, catalogata al F. B. Sch. Fot. 113 n. 1238. Per essere precisi, la lettera non è l'originale, ma una copia (redatta verosimilmente dal Barrili, forse mentre  preparava il materiale per le sue pubblicazioni su Goffredo?); essa presenta in alto a sinistra,  la seguente annotazione: copia di un autografo di Goffredo Mameli all'amico avv. Gius. Canale (12). Ne pubblichiamo in nota il testo completo (13) e la riproduciamo a fianco. Il suo contenuto descrive lo stesso viaggio ed è perfettamente concordante con quello delle due lettere del p. Ameri prima ricordate: l'autore di questa lettera (secondo l'esplicita annotazione) sarebbe Goffredo.  Purtroppo, se la lettera ci conferma trattarsi di Goffredo,  manca nella lettera  una data certa.

6) Lettera all'avv. Canale (seconda pagina)
(
Bibl. Civ. Carcare)

 

L’esistenza di questa ( copia di) lettera fra le carte del Barrili fa sorgere un interrogativo: per quale motivo il Barrili

§                     -che passava le sue vacanze a Carcare  dove si era fatto costruire (nel 1881) una villa in cui veniva praticamente tutte le estati e in cui morì nel 1908,

§                     -che aveva frequenti e amichevoli contatti col Superiore e altri insegnanti del locale Collegio delle Scuole Pie  (dove mandò a studiare il nipote),

§                     -che possedeva questa copia della lettera

 non fece cenno né della lettera né dell'eventuale  soggiorno di Mameli nel Collegio di Carcare nella biografia sul patriota genovese che compose e pubblicò nel 1902 ( e nella quale sono presenti, per es. a p.  419) lettere certo non più importanti di quella all’avv.to Canale?

Era forse venuto a  conoscenza delle voci circolanti, circa le quali lui, repubblicano, garibaldino e soprattutto biografo del Mameli,  non poteva certo fornire elementi che le avrebbero in qualche modo corroborate? Non abbiamo elementi.

A questo punto si può trarre una prima conclusione:

1.                 Le tre lettere (le due del p. Ameri e quella di 2Mameli –Goffredo- all’avv.to Canale) si riferiscono sicuramente allo stesso viaggio; 

2.                 La terza, quella all’avv.to Canale esistente in copia nel fondo Barrili, dimostra  (se si tiene conto dell' annotazione a margine) che fu Goffredo Mameli ad andare a Carcare. Ma quando?

3.                 La prima lettera (p. Ameri) è l'unica ad avere una data esplicita, che si può leggere o 1840 o, a mio avviso più verosimilmente,  1846;

4.                 Quindi, visto il punto 3, non può essere accettata come data l'ipotesi di Barrili per la lettera all’avv.to Canale (1842);

5.                 Quindi Goffredo Mameli ( lettera a Canale) era  a Carcare o nel 1840 o nel 1846 (lettera di p. Ameri) ;

6.                 Se era il 1840 la questione è chiusa: l'inno non può essere stato né pensato né composto in quel periodo; ma nel '40 Goffredo aveva 13 anni: se il viaggio è collegato a fatti successi all'Università è difficile pensare ad un coinvolgimento di un tredicenne in un alterco così grave da originare un "esilio"; inoltre Barrili ci dice che Mameli entrò all’università nel 1841. Non poteva quindi esserne stato espulso ( se questo fu il motivo del viaggio: ma personalmente penserei di più a paventate "criticità" legate al contemporaneo svolgimento del Congresso) un anno prima.  E sulla Treccani leggiamo che “nel 1840 fu avviato agli studi  nelle Scuole Pie di Genova”: Anche Mauro Stramacci, Goffredo Mameli tra un inno e una battaglia, Ed. Mediterranee, p. 21 ricorda il 1840 come l'anno in cui Goffredo si iscrisse al corso di retorica alle  Scuole Pie di Genova: Scuole Pie, non Università, cui entrerà nel '42

 E   il Mameli ricordato in queste lettere non  può essere, visto il punto 2, il fratello. Ricordiamo comunque che in nessuna delle lettere si spiega ( e ciò è ovvio, se fosse stato motivato da un'espulsione) il motivo del viaggio né ci sono riferimenti a fatti successi all'Università (sempre se ciò fosse veramente la causa del viaggio, cosa di cui  -per quel che vale- dubito)

7.                 Se non era il ’40, viste le lettere del p. Ameri non può che essere il ’46: ed allora, la faccenda si fa interessante e si può andare avanti con la raccolta di indizi.

A questo punto nell'ipotesi che la data corretta sia il 1846, e accettando di conseguenza che Goffredo sia stato a Carcare nel 1846, quando c’era p. Canata, occorre  spiegare l'elemento più importante della "questione": da cosa è nata la "tradizione orale"  circa la parte che avrebbe avuto  Canata nella nascita dell'Inno.

A far nascere questa "voce" è innanzi tutto   la tradizione orale  esistente fra i padri del Collegio di Carcare: e le tradizioni orali, specie in un’istituzione conventuale e dotta, come un Collegio delle Scuole Pie, dove i confratelli si susseguono l’un l’altro senza soluzione di continuità, non sono da trascurare, anzi rappresentano spesso il modo più semplice e diretto della trasmissione della storia.

 Chi sostiene un coinvolgimento del Canata nella "questione" dell' Inno indica poi  alcuni indizi  che sarebbero presenti nelle poesie di Canata.

7) P. Atanasio Canata

 Quello che potrebbe essere  l'indizio più interessante  è contenuto in alcuni  versi  presenti nell’ode del Canata “Inferno, Purgatorio e Paradiso d’Italia”. In essi lo Scolopio così ricorda, nel 1849,  sé stesso in quegli anni ruggenti:

All’età che i petti ardenti
Fede e Patria ingagliardia,
quando vita delle menti
era cuore e fantasia,
e spirava nei veggenti
forte e santa un’armonia
come un palpito d’amore
sospirava il buon cantore
Ma l’età dei caldi affetti
vide spenta nell’oblio;
turba gelida di innetti
ingombrava il suol natio;
non più fede era nei petti,
non più patria, non più Dio;
e fremette di dolore
l’irritabile cantore.

A destar quell’alme imbelli
medito’ robusto un canto;
ma venali menestrelli
si rapian dell’arpe il vanto:
da quei dì sui miei fratelli
non profusi allor che pianto" (17)

 Si tratta di versi ampiamente noti in zona e certo  "pesanti".

Quale  fu  il “robusto  canto” composto  dal  Canata  prima del '49 e allo  stesso “rapito”?  Chi  furono  i “venali menestrelli” che si attribuirono il frutto delle poetiche fatiche del Canata? Nell'ode nessun nome o indicazione precisa.

            Chiunque sia stato, si allude  esplicitamente al fatto che Canata compose ("meditò" )  un "robusto canto" per destar  le "alme imbelli" che non avevano più fede, patria, Dio, e che dei “venali menestrelli” si presero il merito di quest'opera poetica: questa è indubbiamente un'esplicita denunzia del "rapimento" del merito non di un' opera qualsiasi, badiamo bene, ma di un canto destinato a scuotere gli animi. Però nessuna indicazione sull'autore o sul canto (18).

Ma, si fa notare, se così fosse perché Canata non denunziò apertamente il "rapimento" o comunque l'attribuzione di paternità?

La risposta, se le cose stessero davvero così, potrebbe essere articolata ma semplice.

Intanto avrebbe potuto trattarsi non di una vera “appropriazione indebita” (da parte di uno sconosciuto "menestrello"), ma solo di una “leggerezza” o di un "malinteso": l’Inno (se  composto in tutto o in parte o su ispirazione  dal Canata ) avrebbe potuto essere stato portato fuori del tutto innocentemente, magari  come dono o ricordo, e poi diffuso in buona fede, magari da altri, sotto il nome di Goffredo: non dimentichiamo che il testo non fu consegnato al maestro Novaro, che lo musicò, direttamente dal Mameli, ma da Ulisse Borzino (19) che dandolo a Novaro  avrebbe detto, come è stato fatto notare,  “te lo manda  Goffredo”  e non “l’ha scritto Goffredo”. E poi, vista l’improvvisa  popolarità che la composizione conquistò velocemente, ristabilirne (o rivendicarne) la paternità avrebbe potuto essere difficile, tanto più se si fosse trattato di un dono o di una composizione a più mani. Inoltre Canata era un fervente sostenitore dell'unità e dell'indipendenza dell'Italia. Se, per qualsiasi motivo,  fosse effettivamente avvenuta una erronea attribuzione di paternità  riguardante quell'Inno che, musicato dal Novaro e cantato per la prima volta  in  pubblico il 9 novembre (secondo altri il 1 dicembre) 1847 in  una adunata  popolare a Genova, ottenne un  notevole successo "politico", mentre il suo autore  morto  a 22 anni nel 1849 - ucciso da quello che oggi si definirebbe "fuoco amico" durante la cosiddetta “difesa di Roma” (20) - era diventato un modello di patriottismo, era evidente che tale modello non poteva essere colpito con una  precisazione simile, tra l'altro non provabile. Tale  precisazione avrebbe anche potuto risultare  offensiva nei confronti di un mito e di un giovane eroe morto ed avrebbe anche offerto un argomento agli oppositori delle istanze risorgimentali, presenti probabilmente anche nello stesso ambiente del Canata.

Se il Canata fosse stato effettivamente in qualche modo "defraudato" della sua fatica letteraria, il suo stesso amore per la patria- e forse anche il suo status- lo avrebbero costretto a tacere

 

A questo punto la questione può essere così riassunta in estrema sintesi:

§                     Esisteva nel Collegio delle Scuole Pie di Carcare  una  “tradizione" orale su un collegamento Canata/Mameli/Inno (21);

§                     Pare  verosimile   un breve soggiorno di Mameli  (Goffredo) nel Collegio quando c’era il Canata  in un periodo (1846) coerente con la stesura dell’Inno;

§                     Canata allude esplicitamente alla composizione di un "robusto canto" per scuotere gli italiani, canto di cui qualcuno  gli "rapì il vanto".

Più in là di così non si può   andare

In conclusione:

Allo stato attuale delle nostre conoscenze non vi sono elementi che dimostrino inequivocabilmente un collegamento tra un  soggiorno di Goffredo a Carcare e l’Inno d’Italia o che dimostrino una partecipazione del Canata al componimento dell’Inno.
Analogamente al momento non è possibile individuare quale fosse il “robusto canto” meditato dal Canata o chi fossero i “venali menestrelli “ che se ne attribuirono il merito. Ma canto e menestrelli ci furono.
E se qualcuno si attribuisce il merito ("vanto")  della composizione di un canto, significa che, in qualsiasi modo l'abbia ottenuto,  costui  se ne è, comunque, attribuita  (o non negata) la paternità.

In conclusione la tradizione resta -al momento- nella sua parte essenziale,  una  tradizione non sorretta (sinora) da prove inoppugnabili.
Ma un conto sono le “prove”, un altro la “logica”: non c'è nessun motivo per cui nel Collegio si sarebbe dovuta inventare la “tradizione” di un intervento di Canata in rapporto all'Inno, se non ci fosse una base di verità, né ci sarebbe alcun motivo per cui Canata avrebbe dovuto “inventare” il “rapimento” del merito di un canto da lui “meditato”, se ciò non fosse avvenuto.
 

 Purtuttavia a meno di ulteriori elementi (che potrebbero essere solo il rinvenimento di una esplicita testimonianza scritta di Canata o di una sua copia dell'Inno )ogni ulteriore discussione rischia al momento di essere puro esercizio retorico: ognuno può trarre le proprie conclusioni dagli elementi disponibili.
Un dato è però inconfutabile: Canata "meditò" un "robusto canto" per svegliare gli Italiani, e qualcuno se ne prese il merito. Ma, come recitava una vecchia canzone,  "chi sia stato, non si sa..."

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In margine all’Inno

Ora, dopo 70 anni di provvisorietà, è ufficialmente l’Inno Nazionale (22).

Proviamo a dargli un’occhiata con la mentalità di oggi scevra dalla retorica risorgimentale (anche se non è assolutamente “scientifico” valutare un testo della metà dell’800 con la mentalità  attuale) .

Iniziando da una curiosità: in un inno destinato ad essere suonato nelle circostanze ufficiali è


più importante la musica o il testo? Probabilmente la musica. E allora, inno di Mameli o inno di Novaro? Se dico Aida o Traviata, penso a Antonio Ghislanzoni, Francesco Maria Piave o a Verdi? Forse sarebbe meglio “tagliar la testa al toro“ e chiamarlo “Canto nazionale”, o "Canto degli Italiani" .  C'è da notare che al  maestro Novaro l'aver creato questa musica non  procurò alcun vantaggio economico, tanto è vero che nella Biblioteca Civica di Carcare esistono diverse sue lettere con le quali chiede, con dignità ma con tono accorato e quasi disperato, un aiuto economica al suo amico Barrili.

Passiamo al testo

Sorvolando sul “siam pronti alla morte” (pronti chi?) vengono ricordati alcuni episodi (battaglia di Legnano, Francesco Ferrucci, il Balilla) come simboli della lotta contro  lo straniero e per l’indipendenza.

 In realtà storicamente il richiamo è piuttosto impreciso:  l’evocazione della battaglia di Legnano dimentica che  nel 1162, all’epoca della  seconda discesa in Italia dell’imperatore Federico I, Milano  -o meglio, le sue mura- furono distrutte non da stranieri  ma da vicini comuni italiani, (Como e Pavia) mentre la battaglia stessa (1176) vide pavesi e comaschi combattere tra le fila imperiali: difficilmente si può intendere lo scontro come una guerra contro lo straniero.

 Per quanto concerne Francesco Ferrucci è sì stato un condottiero per Firenze contro gli Imperiali, ma aveva anche combattuto contro Castelfiorentino (1529) e Volterra (1530) che si erano ribellate a Firenze. Quanto poi alla sua uccisione da parte di Maramaldo, contro le regole di guerra dell’epoca, a quanto pare essa si spiegherebbe col fatto che  Ferruccio aveva fatto impiccare (anche qui contro le regole di guerra dell’epoca) un messo inviato da Maramaldo.

Quanto al Ballilla, il ragazzino che il 5 dicembre 1746 avrebbe tirato una pietra a Genova contro i “tedeschi” dando il via ad una rivolta, possiamo ricordare che i “tedeschi” erano in realtà “truppe austro-piemontesi” tra l’altro guidate “dal plenipotenziario asburgico Antoniotto Botta Adorno”, maresciallo imperiale e governatore di Genova,  (da Wiki): quelle stesse truppe assediarono, bombardarono e costrinsero alla resa la fortezza savonese del Priamar.

 E un’ultima annotazione: immaginiamo la Nazionale Italiana di calcio che gioca all’estero: si suona l’Inno:  in Germania potrebbe ricordare ai locali la (lontana)  batosta di Legnano, (per non parlare dei bambini -ballilla- che gli tiravano le pietre), in Austria che “l’aquila d’Austria” fu un poco spennacchiata (e assetata di sangue) .  E in Russia? In Russia si va sul pesante, col “cosacco”  che ”bevé il sangue polacco”. Insomma, non proprio un inno alla pace (23) . Speriamo che ci si limiti a suonarlo, senza cantarlo.

 Ma (per fortuna?) sono pochi che lo conoscono oltre la prima strofa… 

 

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Echi dell’Inno nelle poesie di Canata ?

 Arrivati al termine di questo lavoro  senza aver comunque potuto dare una risposta alla domanda di partenza, può essere interessante cercare nelle poesie del Canata  eventuali “echi” delle immagini presenti nell’Inno.

Incominciamo con una sua poesia poco nota, senza titolo ( noi, dal primo verso, l’intitoliamo Non fia mai)  risalente a dopo la guerra di Crimea (1853-56).

Accanto ad una differenza “ideologica” di fondo (l’ispirazione “monarchica” presente è assente nell’Inno d’Italia), in essa si trovano alcuni temi invero  già riscontrabili nell’Inno di Mameli: l’Austria, “uccello grifagno” (che riecheggia l’”aquila d’Austria”  dell’Inno), gli “schiavi” di cui si è cinta (che ricordano le “spade vendute”  del Mameli), il “giuro di Pontida” (che ben si può affiancare all’analogo ricordo della battaglia di Legnano presente nell’Inno d’Italia) e infine il grido “o la morte o l’Italia salvar” che può ricordare il  “siam pronti alla morte”.

NON FIA MAI

Nn fia mai che sull’Itala terra
Il tedesco riponga il suo piè
Noi gli abbiamo giurato la guerra
E serbarne si debba la fè
Con ingorda ferocia l’assal
Si respingon con forza i tedeschi
Dall’Italia al coviglio primier

A Vienna comandi Radeski
Chè l’Italia non serve a stranier
A Vienna superba si vada
sI calpesti il diadema imperial
Sorga Italia ma Vienna ricada
Dal tirannico seggio imperial
E desire degli Itali figli
E valore di Principi e Re
Dell’uccello grifagno gli artigli
Si carpiscano, si pestino coi piè.
Donna infedel, di popoli
Crudo, bestial tiranno
Con infernal politica
Che Re e Nazioni scanna
Serva valuti Italia
E serva tua si fa.
Come insidiosa vipera
T’hai cinto il sen di bravi
E col mortal tuo sibilo
Te li rendesti schiavi
Poscia giurasti o perfida
Cacciarli nell’avel.
Giorno verrà ch’unanime
Di Marte il fiero grido
Innalzerà l’Italia,
Echeggierà ogni lido
Prostrata nella polvere
Sarai da ricco altar
Di Potida rinnovisi il giuro
O la morte o l’Italia salvar

(...)

Ulteriori echi di immagini contenute nell’Inno si possono trovare in altre poesie  del Canata, (presenti nel testo pubblicato da L. Leoncini nel 1889 e più sopra ricordato): per es. ancora l’”aquila grifagna” che, in “Le agonie d’Italia”  (del 1850), non ha “le penne perdute” dell’Inno ma “vuota raccoglie l’ugna” mentre nelle “Terzine a C. Panattoni” del ’56 sono ancora le “aquile grifagne” a far “strazio del suolo natio”.

 Anche  l’episodio di Ferrucci (nel Risorgimento assurto a emblema  di orgoglio nazionale benché avesse assalito la città di Volterra che aveva osato  ribellarsi a Firenze) trova un riscontro (nell’ode “Inferno, Purgatorio e Paradiso d’Italia” del 1849)  nel verso che ricorda “Gavinana nel guardo d’un prode”. E Gavinana fu il luogo presso Pistoia dove Francesco Ferrucci perse la sua ultima battaglia il 3 agosto del 1530.

Coincidenze casuali, stereotipi ottocenteschi, comuni matrici storico-culturali o qualcosa di diverso?

 

Leonello Oliveri

NOTE 

) La data si dedurrebbe dalla foto della lettera pubblicata da V. S. DERAPALINO,  Un collegio nelle Langhe, Savona 1972, p. 145: c’è però chi legge l'ultima cifra dell'anno  come uno 0, che darebbe quindi 1840. (v. avanti)

2 ) La vicenda è così  ricordata da A. G. Barrili in Scritti editi e inediti, Genova, 1902, p.18: "nel novembre '41 era entrato all'università (..) il corso di legge avrebbe dovuto finire nel '47 a 20 anni, se nel frattempo ( nel 45?) non avesse dovuto incorrere la pena disciplinare di un anno di espulsione dall'ateneo per un alterco con vie di fatto" . L’Enciclopedia Italiana Treccani così ricorda il fatto: “Ammesso all’Università (vi si entrava a 14 anni) fu dapprima assiduo scolaro ma per un alterco avuto con un condiscepolo il 15 luglio 1843 (quindi a 16 anni) fu punito con l’obbligo di prolungare di un anno il corso di filosofia. (..) superò gli esami di baccelliere nel 1847". Come si vede le date non coincidono. 

L'alterco (sulla cui data ci sono comunque opinioni diverse) sarebbe avvenuto con un suo compagno 18enne ( di cui si tramanda il nome) per.. banali motivi di ragazze ( v. https://www.ilgiornale.it/news/intemperanze-goffredo.html#google_vignette, 10 settembre 2006).

La "fuga a Carcare " è ricordata come conseguenza dell'alterco con un compagno anche da Luigi Collino, Goffredo Mameli nel centenario della nascita, La stampa 6 settembre 1927: " fu allontanato [dall'Università] per un alterco avuto con un compagno e si rifugiò allora nel Collegio di Carcare  dove conobbe il padre Atanasio Canata, poeta e autore i tragedie ": Interessante la citazione di Padre Canata "poeta": aveva forse sentito anche lui qualche rumors?

Anche A. Nucciotti così ricorda (in L'inno nazionale è nato a Carcare, num. un., 1961, p .42) il fatto: "Goffredo era stato sospeso per un anno dagli studi a causa di un alterco con un condiscepolo. Si rivolse allora ai suoi vecchi maestri (..) Essi conoscendo il carattere piuttosto impulsivo di Goffredo, temevano che un eventuale incontro col compagno potesse aggravare  la posizione  del giovane(..) Egli aveva bisogno di un ambiente tranquillo dove  trovare la serenità. Perciò i vecchi maestri lo indirizzarono a Carcare dove da più di due secoli fioriva un Istituto scolopio divenuto ormai famoso. Goffredo andò a Carcare "(..). 

3) V. S. Derapalinoop. .cit., p. 144. Ma per la data v. più avanti.

4 ) Guido Della VallePadre Atanasio Canata, l’inno di Mameli e il suo autore, in Gazzetta della Liguria e della Lombardia, a.III, n.4, Marzo 1968, p. 2

5) “(..) Goffredo fin dal novembre del '41 era entrato all'Università, dove si facevano i due anni di filosofia. Da questa passò egli al corso di legge; e di legge, come di filosofia , studiò con diligenza, se non pari a quella con cui spigolava tra poeti e profeti, certo notevole ancora, come apparisce dagli appunti suoi di diritto civile, romano e canonico, mentre degli studi filosofici, segnatamente riguardo alla logica, fanno testimonianza le salde argomentazioni e la stringente dialettica dei discorsi che indi a tre anni faceva in adunanze letterarie e politiche. Il corso di legge avrebbe potuto finire nel '47, a vent' anni, se nel frattempo non avesse dovuto incorrer la pena disciplinare di un anno d' espulsione dall' Ateneo, per un alterco « con vie di fatto » diceva la sentenza, e nel recinto sacro agli studi. « Horresco referens » avrà dovuto esclamare il giovine Mameli, dando notizia in famiglia di quel colpo terribile. E non avrebbe voluto portarselo in pace: disciplina per disciplina, avrebbe accettata quella della milizia, come tanti de' suoi vecchi. E già ne aveva fatto domanda: ma il governo fu tanto assennato, o cosi cieco , da non agevolargli la strada. Ci guadagnò la poesia, che per un anno (il '45, se non erro) con più ardore fu da lui coltivata.”

6)) Altri (es.  E. Costa Sull’Inno di Mameli, in (http://digilander.libero.it/agpendola/pm7.htm) legge 1840: noi abbiamo visto solo la fotografia pubblicata nel libro della Derapalino ma ci sembra che l’ultima cifra possa/debba essere letta come 6 e non come 0.

7) Coincidenza curiosa ma anche in un certo senso impressionante:  il p. Ameri che accompagnò Goffredo a Carcare fu anche colui che lo confessò, morente in seguito alla ferita durante la difesa di Roma tre anni più tardi.

8) Si potrebbe tentare di datare la lettera o con un attento esame dell'originale, probabilmente nell’archivio degli Scolopi nel Collegio   a Cornigliano (Ge.), o cercando un riscontro con un particolare riportato in essa, dove si cita il trasporto della "cassa di San Candido": probabilmente si allude alla statua o alle reliquie di questo santo, presenti nel Collegio di Carcare già dal XVII sec: forse qualche processione? Se nell'archivio del Collegio ci fosse qualche cenno su questo fatto (e  se riportasse la data!), il problema sarebbe risolto.

9) E. Costa,  Sull'inno di Mameli,  in http://digilander.libero.it/agpendola/pm7.htm

10) Per es.,   A. A. Mola, Storia della Monarchia in Italia, Milano, Bompiani, 2002. Per avere un’idea della vivacità (per usare un eufemismo) del dibattito sulla paternità dell’inno in internet basta digitare in un motore di ricerca i due termini Mameli Canata.


Anche 
Vincenzo Tarantino, L'Inno d'Italia: una paternità contesa. Storia e analisi linguistica forense, in Grafologia Medica n. 1 /2  2025, pp. 34-44, pare non aver  dubbi sul soggiorno  di Goffredo a Carcare. Circa l'origine dell'Inno, esaminandone dal punto di vista  della linguistica forense gli stilemi, l'Autore nota che “(..) L'Inno d'Italia differisce nel lessico linguistico dagli scritti conosciuti di Mameli , mentre molte sono le analogie con i versi conosciuti da Padre Canata. I versi di Goffredo Mameli non presentano testi colti, aulici e complessi, nonché puntuali riferimenti storici, come quelli di padre Canata e come l'Inno” (ibidem, p. 42)

11) Es.  E. Costa,  Sull’Inno di Mameli, in (http://digilander.libero.it/agpendola/pm7.htm.

12) L’Avv. Michele G. Canale ( Genova 1808-1890), studioso, dotto, storico insigne della sua Genova, si era occupato della prima educazione di Goffredo:  Giuseppe Canale fu, (leggiamo in https://www.treccani.it/enciclopedia/goffredo-mameli_(Dizionario-Biografico)/) "un intellettuale cui l'adesione al riformismo carloalbertino non avrebbe fatto dimenticare mai del tutto la giovanile affiliazione al mazzinianesimo" . Nel 1854 perorò con dure parole la causa di Genova nei confronti dell'unione (forzosa) al Piemonte nell'opuscolo Genova ed il Piemonte, concluso con la sconsolata riflessione "Essere i Genovesi l'Iloti del Piemonte". Più tardi si avvicinerà a posizioni più filomonarchiche. (v. https://www.treccani.it/enciclopedia/michele-giuseppe-canale_(Dizionario-Biografico)/

13 ) La lettera  presenta in alto a sinistra,  la seguente annotazione: copia di un autografo di Goffredo Mameli all'amico avv. Gius. Canale. Ecco il testo della lettera:

In alto a sinistra : Copia di un autografo di Goffedo Mameli all'amico Avv. Gius Canale

Carissimo amico. Non t'indispettir veh, non hai finora ricevuto mie lettere perché oggi non partì la posta.

Alle 3 come mi salii sulla diligenza il nostro posto era dinanzi, io ero vicino ad una signora, finche durarono le tenebre andò bene, ma quando poi venne la luce mi ha messo paura uh che robbe! Sembrava il demonio vestito da Donna. P. Aimeri diceva l'ufizio, ed io tanto per levarmi d'inanzi  quella brutta faccia guardavo di fuori. Finalmente dopo un viaggio che mi sembrò lunghissimo e che fu accompagnato da molta pioggia giungemmo a Savona pranzammo e ci rimettemmo in carozza, ed alla sera giungemmo a Carcare, dopo cena mi posi a letto, che sogno che avevo non potea più tenere gli ochi a perti. Del resto faccio di tutto per passare il tempo senza anojarmi, mi provo a giocare al pallone alla palla, così comincio così finisco il giorno, quando però suona un'ora sembra che mi manchi qualche cosa, alloro mi fugge la volontà di giocare, e penso a quando eravamo a Genova che ti facevo tanti dispetti e che poi alla fine andavo su. Ma se Dio vorrà presto ci rivedremo quindici o venti giorni  devono passar presto  non è vero, guarda che tutto al più quando sarà pasato un mese tutto al più bisogna, e sei in dovere (avendomelo promesso) di venirmi  a prendere. Non ti dimenticar veh, che dunque pagano i capelli.

O quando vengo a Genova son santo 10 volte giachè qui ogni momento si prega, cosa buonissima ma che guasta le ginocchia. Qui poi non fa quel freddo che mi dicevano, meno alla sera, quando si va a letto, poi il clima a me mi va molto a gra come pure il luogo del quale tralascio di parlarti avendolo veduto tu stesso. Forse sarai un po' indispettito perché mi ho dimenticato la lettera ma (te lo prometto) quando partii avevo un sogno dell'altro mondo e credevo di averla messa nella tasca nella sera precedente, ne mi avidi d'averla dimenticata se non quando si giunse a un paese che se non mi sbaglio mi dissero esser Voltri mandai però subito un veturino che partiva per Genova a dire a mamma che me la manda e mi fa specie non me l'abbia ancora mandata.

Non t'arabiare nò fu una pura dimenticanza. Qui padre Mandrani, il quale mi disse aver fatto collazione teco da  D. Massa, mi disse che essendo tu venuto a Carcare e non avendoti potuto vedere (cosa che molto gli increbbe) ti salutassi da parte sua. Se vedi il maestro salutalo da parte mia e digli che molto mi spiacque non averlo trovato in convento, e quindi vedere inanzi di partire.

Salutami pure tua moglie, tuo suocero, suocera, il sig. Ippolito etc. etc. Scrivimi che mi farai molto piacere.

Sta bene ed ama il tuo
Affezionato amico
Firmato Goffredo M.

In calce al foglio la lettera presenta la seguente annotazione
All'esterno:
Carcare 19 settembre
Manca l'anno ma
dev'essere il 1842.

Dalla lettera ( in realtà alquanto approssimativa come grammatica) emerge anche il fatto che Mameli pensava ad una breve permanenza a Carcare, “quindici o venti giorni” o al più “un mese”, altrimenti ”pagano i capelli” (che i convittori del collegio portavano assai corti). Se è del '46, Goffredo aveva 19 anni.

17 ) Leoncini L(a cura di),  Versi del padre Atanasio Canata delle Scuole Pie,  Torino 1889, p.163.

18) Da questi versi è nato il ricordato acceso dibattito fra convinti assertori, possibilisti e negazionisti, nel quale i metodi dell’indagine storica sono talvolta sostituiti ( e obnubilati: ma è una nostra opinione personale) da premesse per così dire “ ideologiche”.

19) Borzino Ulisse fu un pittore e giornalista genovese che partecipò il 10 (?) novembre 1847 a un convegno a Torino a casa di Lorenzo Valerio , direttore del giornale La concordia.

20) La morte del Mameli durante la difesa di Roma  non fu causata dal nemico, ma da un colpo partito dalle stesse file repubblicane  che gli spezzò l'osso della gamba sinistra: "fu ferito da palla repubblicana nella tibia sinistra", ricorda sommessamente A. G. Barrili in Scritti editi e inediti di Goffredo Mameli , Genova 1902, p. 471. Curato sommariamente (solo dopo alcuni giorni fu trovato e tolto dalla ferita lo stoppaccio della cartuccia) sopravvenne la cancrena e la tardiva amputazione dell'arto non salvò il giovane Mameli dalla morte.  Come ricordato il p. Ameri, lo stesso che aveva accompagnato il giovane Goffredo a Carcare nel ’46, ne raccolse l’estrema confessione poco prima della morte.

21) "La tradizione orale scolopica, raccolta per primo da P. Damiano Casati nella sua tesi di laurea in Lettere nel '68-69, riferisce con certezza che l'inno nazionale è nato a Carcare  durante il periodo in cui ha soggiornato il Mameli, accolto ed ospitato dal rettore padre Garassini. La stessa tradizione scolopica non insiste circa l'attribuzione dell'Inno al vate calasanziano e patriota. Ma non la esclude". (L. Chiarlone, in P. Damiano Casati, Il Collegio di Carcare. Personalità e didattica dell'istituzione scolopica nell'Ottocento, Grfl, Rocchetta Cairo 2007, p. 236).

A tale tradizione non fece cenno (ma visti i tempi, come avrebbe potuto?)  Padre Ferdinando Isola, che viveva nel Collegio e che nel 1897 pubblicò Carcare e Le Scuola Pie. Memorie raccolte ed ordinate da p. F. Isola.

22) E' interessante notare come si è arrivati alla "proclamazione ufficiale" dell'Inno di Mameli come Inno d'Italia leggendo i verbali della riunione dell'apposita Commissione Parlamentare  (I Commissione permanente -Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni -Martedì 18 luglio 2017 -Riconoscimento dell’inno di Mameli « Fratelli d’Italia » quale inno ufficiale della Repubblica.  Intervento di Gian Luigi GIGLI (DeS-CD : emendamento respinto). il tutto si può leggere qui.

23) "Il testo del Canto degli Italiani è stato talvolta giudicato troppo retorico, di difficile interpretazione e a tratti aggressivo" (https://it.wikipedia.org/wiki/Il_Canto_degli_Italiani)
Goffredo Mameli morente riceve la nomina a Capitano:
episodio tanto noto (nella retorica post- risorgimentale)
da essere "eternato" sui francobolli

Leonello Oliveri

 

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