Leonello Oliveri
Era
il 1961, centenario dell’Unità d’Italia.
All’epoca,
giovane studentello, frequentavo le scuole medie nel Collegio delle Scuole Pie
di Carcare. Per celebrare l’anniversario la scuola organizzò una gita a Torino,
per vedere i padiglioni di Italia ’61. Ricordo ancora il viaggio, breve ma per noi elettrizzante, sulla monorotaia. Nell'occasione visitammo anche il Museo del Risorgimento. Al ritorno uno dei padri insegnanti accompagnatori ci disse (più o meno): “Sapete ragazzi che l’Inno di Mameli potrebbe essere nato a Carcare, nel nostro Collegio, e che alla sua origine potrebbe non essere estraneo un nostro insegnante, il p. Canata?”.
Fu
allora che per la prima volta udii il nome di Carcare, del Collegio delle
Scuole Pie e del padre Atanasio Canata collegati all’Inno di Mameli.
Tutti sanno che l’inno fu composto (intorno al 1847) dal patriota genovese morto nel 1849 - ucciso da quello che oggi si definirebbe "fuoco amico"- durante la cosiddetta “Repubblica Romana”. Ma chi sa che - almeno una sua parte- potrebbe essere stata composta a Carcare? Pochi sono poi a conoscenza di alcune voci ricorrenti sull’origine dell’inno stesso, che secondo alcuni potrebbe essere stato suggerito/composto ( almeno in parte) dal Canata.
Ma
vediamo i fatti.
Nel settembre del 1846 (ma sulla data e sul fatto stesso non tutti concordano) (1) il giovane Goffredo lasciò Genova per "rifugiarsi" a Carcare. La sua fu quasi una fuga: comunemente la si collega al fatto che a Genova Mameli era stato sospeso dall'Università perché implicato in una zuffa non sappiamo quanto grave (2): forse per questo, forse per altri motivi la sua famiglia ritenne forse opportuno fargli cambiare aria. In ogni caso Mameli, ex studente nel 1840 delle Scuole Pie di Genova (che allora rappresentavano l'alternativa liberale all'insegnamento dei gesuiti) pensò bene ( o fu mandato) di trovare rifugio nel collegio dei padri Scolopi di Carcare, dove si lavoravano alcuni suoi vecchi insegnanti, fra i quali il p. Ameri (3).
Qui
Mameli avrebbe incontrato il padre Canata e da qui è nato la “vexata questio” dell'
origine dell’Inno d’Italia.
La "questione" dell’Inno d’Italia
La questione, che trae origine da una "tradizione orale" nell'ambito del Collegio delle Scuole Pie di Carcare, ( vedi nota 21) arrivò ai media ( per quanto ne so) per la prima volta nel 1955 in un articolo di Mecca Mameli pubblicato su Liguria a novembre di quell'anno: Mameli a Carcare " darà vita finalmente fra il settembre e il novembre ’47 [?] al famoso inno nazionale, (..), assecondato da un professore degli Scolopi e precisamente da Padre Canata (..) Fu là, a Carcare, che compose l’inno" . Nel '61 poi, un altro articolo in in cui appare il nome di Canata come "ispiratore" dell'inno: A. Nucciotti, L'inno nazionale è nato a Carcare, apparso su una pubblicazione edita in Val Bormida, per celebrare il centenario dell'unità d'Italia: "il Mameli ( indicato come l'autore) sottopose il suo Inno al giudizio del Canata (..) il Canata, scriveva allora Nucciotti, credette opportuno di aggiungere di sua mano all'Inno di Mameli la strofa uniamoci, amiamoci etc.". Da allora questa ipotesi riappare ogni tanto. Nel 1968 se ne occupò il carcarese Guido Della Valle sulla Gazzetta della Liguria (4). In anni recenti, poi, è arrivata sulla stampa nazionale, talora con articoli, tuttavia, non sempre ( a mio avviso) equilibrati.
Qui cercheremo di riassumere la questione e di fare il punto esaminando tutti gli elementi disponibili.
Vediamo intanto di ricapitolare i fatti, in realtà tortuosi.
Intanto c'è da dire che nel collegio di Carcare era stato convittore, dal 1839 al dicembre dal '42, il fratello minore di Goffredo, Giovanni Battista.
Il più famoso Goffredo, invece, si era iscritto alla facoltà di legge dell'Università di Genova (allora strutturata in modo assai diverso dall'attuale per quanto concerne l'età e il livello di partenza degli studenti): "il corso di legge avrebbe dovuto finire nel '47 a 20 anni, se nel frattempo ( nel 45?) non avesse dovuto incorrere nella pena disciplinare di un anno di espulsione dall'ateneo per un alterco con vie di fatto", così riporta A. G. Barrili in Scritti editi ed inediti di Goffredo Mameli, p. 18 (5): in parole povere Mameli sarebbe stato sospeso dall'Università perché implicato in un "alterco con vie di fatto" con un condiscepolo: non sappiamo se per questo o altri motivi ( "dopo altri due anni di studio, peraltro già contraddistinti da qualche manifestazione di irrequietezza e da una lunga assenza dalle lezioni per motivi mai chiariti" https://www.treccani.it/enciclopedia/goffredo-mameli_(Dizionario-Biografico)/) la sua famiglia avrebbe pensato di allontanarlo momentaneamente da Genova. Secondo l'Enciclopedia Treccani tale alterco sarebbe avvenuto non nel '45 ma il 15 luglio del 1843: ma in quell’anno Mameli, nato nel settembre del 1827, avrebbe avuto 16 anni. Forse si potrebbe cercare qualche traccia del fatto negli archivi dell'Università.
Teniamo presente che, all'epoca, le Università dei territori sabaudi erano sottoposti a un rigidissimo (e bigotto) controllo sia politico che religioso, mirante a impedire ogni "deviazione" o velleità studentesca (sulle condizioni dell'ateneo genovese vedi qui https://leonelloblog.blogspot.com/2024/02/universitari-genova-nelleta-della.html ).
Per altri studiosi, però, ciò ( e anche il collegamento tra il viaggio e "l'alterco
con vie di fatto") non sarebbe provato e comunque non si conoscerebbe con esattezza quando questo sarebbe successo.
I sostenitori della tesi di un collegamento del Collegio delle Scuole Pie di Carcare e del Canata con la genesi dell'inno, ritengono che Goffredo sia venuto a Carcare nel settembre del 1846. Sulla data, come detto sopra, non tutti concordano: teniamo presente che l'Inno, apparso nel 1847, alluderebbe (v. la riscoperta e l'utilizzazione a fini politici della figura di Balilla) ad avvenimenti appunto del '46.
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| Gli "Atti " del Congresso |
Il settembre del 1846 fu una data assai importante per Genova: nella città ligure il 14 si aprì infatti, sotto la presidenza del marchese Brignole Sale, l'ottavo Congresso degli scienziati italiani cui parteciparono circa 400 studiosi (tra cui Massimo d'Azeglio, Giovanni Berchet, Carlo Cantù): una sorta di "stati generali" di un' Italia ancora divisa che però trovava nella cultura e nella scienza, partendo dalle “scienze esatte”, meno compromettenti, la prova del suo destino all'unità. (v. https://it.wikipedia.org/wiki/Riunioni_degli_scienziati_italiani).
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| Fra i partecipanti al Congresso Mameli Giorgio, padre di Goffredo (v. https://play.google.com/books/reader?id=IEwDeb5WZFMC&pg=GBS.PA44&hl=it |
I sostenitori del viaggio di Goffredo a Carcare e del collegamento del Canata alla genesi dell'inno (10) ricordano però anche una terza lettera, indirizzata da Goffredo e da Carcare all'avv.to Giuseppe Canale, amico di famiglia, nella quale balza evidente, fra l'altro la scarsa padronanza dell'italiano da parte del giovane Mameli.
Gli "oppositori" (11) ribattono che di questa lettera, che proverebbe senza ombra di dubbio la presenza di Goffredo a Carcare, non esiste traccia nelle carte del Canale conservate nella biblioteca Lercari di Genova.
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La lettera di Mameli all'avv.to Canale |
In realtà la lettera (o meglio, una sua copia) esiste nel ricchissimo "fondo Barrili" della biblioteca civica di Carcare, catalogata al F. B. Sch. Fot. 113 n. 1238. Per essere precisi, la lettera non è l'originale, ma una copia (redatta verosimilmente dal Barrili, forse mentre preparava il materiale per le sue pubblicazioni su Goffredo?); essa presenta in alto a sinistra, la seguente annotazione: copia di un autografo di Goffredo Mameli all'amico avv. Gius. Canale (12). Ne pubblichiamo in nota il testo completo (13) e la riproduciamo a fianco. Il suo contenuto descrive lo stesso viaggio ed è perfettamente concordante con quello delle due lettere del p. Ameri prima ricordate: l'autore di questa lettera (secondo l'esplicita annotazione) sarebbe Goffredo. Purtroppo, se la lettera ci conferma trattarsi di Goffredo, manca nella lettera una data certa.
|
6) Lettera all'avv. Canale (seconda pagina) |
L’esistenza
di questa ( copia di) lettera fra le carte del Barrili fa sorgere un interrogativo: per
quale motivo il Barrili
§
-che passava le sue vacanze
a Carcare dove si era fatto costruire (nel 1881) una villa in cui veniva
praticamente tutte le estati e in cui morì nel 1908,
§
-che aveva frequenti e
amichevoli contatti col Superiore e altri insegnanti del locale Collegio delle
Scuole Pie (dove mandò a studiare il nipote),
§
-che possedeva questa copia
della lettera
non
fece cenno né della lettera né dell'eventuale soggiorno di Mameli nel Collegio di Carcare
nella biografia sul patriota genovese che compose e pubblicò nel 1902 ( e nella
quale sono presenti, per es. a p. 419) lettere certo non più
importanti di quella all’avv.to Canale?
Era
forse venuto a conoscenza delle voci circolanti, circa le quali lui,
repubblicano, garibaldino e soprattutto biografo del Mameli, non poteva
certo fornire elementi che le avrebbero in qualche modo corroborate? Non
abbiamo elementi.
A questo punto si può trarre una prima conclusione:
1.
Le tre lettere (le due del
p. Ameri e quella di 2Mameli –Goffredo- all’avv.to Canale) si riferiscono
sicuramente allo stesso viaggio;
2.
La terza, quella all’avv.to
Canale esistente in copia nel fondo Barrili, dimostra (se si tiene conto dell' annotazione a margine) che fu Goffredo Mameli ad andare a Carcare. Ma quando?
3.
La prima lettera (p. Ameri)
è l'unica ad avere una data esplicita, che si può leggere o 1840 o,
a mio avviso più verosimilmente, 1846;
4.
Quindi, visto il punto 3,
non può essere accettata come data l'ipotesi di Barrili per la lettera
all’avv.to Canale (1842);
5.
Quindi Goffredo Mameli ( lettera a Canale) era a Carcare o nel 1840 o nel 1846 (lettera di p. Ameri) ;
6. Se era il 1840 la questione è chiusa: l'inno non può essere stato né pensato né composto in quel periodo; ma nel '40 Goffredo aveva 13 anni: se il viaggio è collegato a fatti successi all'Università è difficile pensare ad un coinvolgimento di un tredicenne in un alterco così grave da originare un "esilio"; inoltre Barrili ci dice che Mameli entrò all’università nel 1841. Non poteva quindi esserne stato espulso ( se questo fu il motivo del viaggio: ma personalmente penserei di più a paventate "criticità" legate al contemporaneo svolgimento del Congresso) un anno prima. E sulla Treccani leggiamo che “nel 1840 fu avviato agli studi nelle Scuole Pie di Genova”: Anche Mauro Stramacci, Goffredo Mameli tra un inno e una battaglia, Ed. Mediterranee, p. 21 ricorda il 1840 come l'anno in cui Goffredo si iscrisse al corso di retorica alle Scuole Pie di Genova: Scuole Pie, non Università, cui entrerà nel '42.
E il Mameli ricordato in queste lettere non può essere, visto il punto 2, il fratello. Ricordiamo comunque che in nessuna delle lettere si spiega ( e ciò è ovvio, se fosse stato motivato da un'espulsione) il motivo del viaggio né ci sono riferimenti a fatti successi all'Università (sempre se ciò fosse veramente la causa del viaggio, cosa di cui -per quel che vale- dubito)
7. Se non era il ’40, viste le lettere del p. Ameri non può che essere il ’46: ed allora, la faccenda si fa interessante e si può andare avanti con la raccolta di indizi.
Chi sostiene un coinvolgimento del Canata nella "questione" dell' Inno indica poi alcuni indizi che sarebbero presenti nelle poesie di Canata.
|
7) P. Atanasio Canata |
Quello che potrebbe essere l'indizio più interessante è contenuto in alcuni versi presenti nell’ode del Canata “Inferno, Purgatorio e Paradiso d’Italia”. In essi lo Scolopio così ricorda, nel 1849, sé stesso in quegli anni ruggenti:
Si tratta di versi ampiamente noti in zona e certo "pesanti".
Quale fu il “robusto canto” composto dal Canata prima del '49 e allo stesso “rapito”? Chi furono i “venali menestrelli” che si attribuirono il frutto delle poetiche fatiche del Canata? Nell'ode nessun nome o indicazione precisa.
Chiunque sia stato, si allude esplicitamente al fatto che Canata compose ("meditò" ) un "robusto canto" per destar le "alme
imbelli" che non avevano più fede, patria, Dio, e che dei “venali
menestrelli” si presero il merito di quest'opera poetica: questa è
indubbiamente un'esplicita denunzia del "rapimento" del merito non di un' opera
qualsiasi, badiamo bene, ma di un canto destinato a scuotere gli animi. Però
nessuna indicazione sull'autore o sul canto (18).
Intanto
avrebbe potuto trattarsi non di una vera “appropriazione indebita” (da parte di uno sconosciuto "menestrello"), ma solo di
una “leggerezza” o di un "malinteso": l’Inno (se composto in tutto o in parte o su ispirazione dal Canata ) avrebbe potuto essere stato portato fuori del tutto
innocentemente, magari come dono o ricordo, e poi diffuso in
buona fede, magari da altri, sotto il nome di Goffredo: non dimentichiamo che
il testo non fu consegnato al maestro Novaro, che lo musicò, direttamente dal
Mameli, ma da Ulisse Borzino (19) che dandolo a Novaro avrebbe
detto, come è stato fatto notare, “te lo manda Goffredo” e
non “l’ha scritto Goffredo”. E poi, vista l’improvvisa popolarità che la composizione conquistò velocemente, ristabilirne (o
rivendicarne) la paternità avrebbe potuto essere difficile, tanto più se si
fosse trattato di un dono o di una composizione a più mani. Inoltre Canata era un fervente
sostenitore dell'unità e dell'indipendenza dell'Italia. Se, per qualsiasi
motivo, fosse effettivamente avvenuta una erronea attribuzione di
paternità riguardante quell'Inno che, musicato dal Novaro e cantato
per la prima volta in pubblico il 9 novembre (secondo altri il 1
dicembre) 1847 in una adunata popolare a Genova, ottenne un notevole successo "politico", mentre il suo autore morto
a 22 anni nel 1849 - ucciso da quello che oggi si definirebbe "fuoco
amico" durante la cosiddetta “difesa di Roma” (20) - era diventato un modello di
patriottismo, era evidente che tale modello non poteva essere colpito con una precisazione simile, tra l'altro non provabile. Tale precisazione avrebbe anche potuto risultare offensiva
nei confronti di un mito e di un giovane eroe morto ed avrebbe anche offerto un
argomento agli oppositori delle istanze risorgimentali, presenti probabilmente
anche nello stesso ambiente del Canata.
Se il
Canata fosse stato effettivamente in qualche modo "defraudato" della
sua fatica letteraria, il suo stesso amore per la patria- e forse anche il suo
status- lo avrebbero costretto a tacere
A questo punto la questione può essere così riassunta in estrema sintesi:
§
Esisteva nel Collegio delle
Scuole Pie di Carcare una “tradizione" orale su un collegamento Canata/Mameli/Inno (21);
§
Pare verosimile un breve soggiorno di Mameli (Goffredo) nel Collegio quando c’era il
Canata in un periodo (1846) coerente con la stesura dell’Inno;
§
Canata allude
esplicitamente alla composizione di un "robusto canto" per
scuotere gli italiani, canto di cui qualcuno gli "rapì il
vanto".
Più in là di così non si può andare.
In conclusione:
**************************************************
In margine all’Inno
Ora,
dopo 70 anni di provvisorietà, è ufficialmente l’Inno Nazionale (22).
Proviamo
a dargli un’occhiata con la mentalità di oggi scevra dalla retorica
risorgimentale (anche se non è assolutamente “scientifico” valutare un testo della metà
dell’800 con la mentalità attuale) .
Iniziando da una curiosità: in un inno destinato ad essere suonato nelle circostanze ufficiali è
più importante la musica o il testo? Probabilmente la musica. E allora, inno di Mameli o inno di Novaro? Se dico Aida o Traviata, penso a Antonio Ghislanzoni, Francesco Maria Piave o a Verdi? Forse sarebbe meglio “tagliar la testa al toro“ e chiamarlo “Canto nazionale”, o "Canto degli Italiani" . C'è da notare che al maestro Novaro l'aver creato questa musica non procurò alcun vantaggio economico, tanto è vero che nella Biblioteca Civica di Carcare esistono diverse sue lettere con le quali chiede, con dignità ma con tono accorato e quasi disperato, un aiuto economica al suo amico Barrili.
Passiamo
al testo
Sorvolando sul “siam pronti alla morte” (pronti chi?)
vengono ricordati alcuni episodi (battaglia di Legnano, Francesco Ferrucci,
il Balilla) come simboli della lotta contro lo straniero
e per l’indipendenza.
In realtà storicamente il richiamo è piuttosto
impreciso: l’evocazione della battaglia di Legnano dimentica che
nel 1162, all’epoca della seconda discesa in Italia dell’imperatore
Federico I, Milano -o meglio, le sue mura- furono distrutte non da
stranieri ma da vicini comuni italiani, (Como e Pavia) mentre la
battaglia stessa (1176) vide pavesi e comaschi combattere tra le fila imperiali:
difficilmente si può intendere lo scontro come una guerra contro lo straniero.
Per quanto concerne Francesco Ferrucci è sì stato un condottiero per Firenze contro gli Imperiali, ma aveva anche combattuto contro Castelfiorentino (1529) e Volterra (1530) che si erano ribellate a Firenze. Quanto poi alla sua uccisione da parte di Maramaldo, contro le regole di guerra dell’epoca, a quanto pare essa si spiegherebbe col fatto che Ferruccio aveva fatto impiccare (anche qui contro le regole di guerra dell’epoca) un messo inviato da Maramaldo.
Quanto al Ballilla, il ragazzino che il 5
dicembre 1746 avrebbe tirato una pietra a Genova contro i “tedeschi” dando
il via ad una rivolta, possiamo ricordare che i “tedeschi” erano in realtà “truppe austro-piemontesi” tra l’altro guidate “dal plenipotenziario asburgico Antoniotto Botta Adorno”, maresciallo imperiale e governatore di
Genova, (da Wiki): quelle
stesse truppe assediarono, bombardarono e costrinsero alla resa la fortezza
savonese del Priamar.
E un’ultima annotazione: immaginiamo la Nazionale Italiana di calcio che gioca all’estero: si suona l’Inno: in Germania potrebbe ricordare ai locali la (lontana) batosta di Legnano, (per non parlare dei bambini -ballilla- che gli tiravano le pietre), in Austria che “l’aquila d’Austria” fu un poco spennacchiata (e assetata di sangue) . E in Russia? In Russia si va sul pesante, col “cosacco” che ”bevé il sangue polacco”. Insomma, non proprio un inno alla pace (23) . Speriamo che ci si limiti a suonarlo, senza cantarlo.
Ma (per fortuna?) sono pochi che lo conoscono oltre la prima strofa…
*****************************************************
Echi dell’Inno nelle poesie di Canata ?
Arrivati al termine di questo lavoro senza aver comunque potuto dare una risposta alla domanda di partenza, può essere interessante cercare nelle poesie del Canata eventuali “echi” delle immagini presenti nell’Inno.
Incominciamo
con una sua poesia poco nota, senza titolo ( noi, dal primo verso,
l’intitoliamo Non fia mai) risalente a dopo la guerra di
Crimea (1853-56).
Accanto
ad una differenza “ideologica” di fondo (l’ispirazione “monarchica” presente è
assente nell’Inno d’Italia), in essa si trovano alcuni temi invero già
riscontrabili nell’Inno di Mameli: l’Austria, “uccello grifagno” (che
riecheggia l’”aquila d’Austria” dell’Inno), gli “schiavi” di
cui si è cinta (che ricordano le “spade vendute” del Mameli),
il “giuro di Pontida” (che ben si può affiancare all’analogo
ricordo della battaglia di Legnano presente nell’Inno d’Italia) e infine il
grido “o la morte o l’Italia salvar” che può ricordare il “siam
pronti alla morte”.
NON FIA MAI
Nn fia mai che sull’Itala terra
Il tedesco riponga il suo piè
Noi gli abbiamo giurato la guerra
E serbarne si debba la fè
Con ingorda ferocia l’assal
Si respingon con forza i tedeschi
Dall’Italia al coviglio primier
A Vienna comandi Radeski
Chè l’Italia non serve a stranier
A Vienna superba si vada
sI calpesti il diadema imperial
Sorga Italia ma Vienna ricada
Dal tirannico seggio imperial
E desire degli Itali figli
E valore di Principi e Re
Dell’uccello grifagno gli artigli
Si carpiscano, si pestino coi piè.
Donna infedel, di popoli
Crudo, bestial tiranno
Con infernal politica
Che Re e Nazioni scanna
Serva valuti Italia
E serva tua si fa.
Come insidiosa vipera
T’hai cinto il sen di bravi
E col mortal tuo sibilo
Te li rendesti schiavi
Poscia giurasti o perfida
Cacciarli nell’avel.
Giorno verrà ch’unanime
Di Marte il fiero grido
Innalzerà l’Italia,
Echeggierà ogni lido
Prostrata nella polvere
Sarai da ricco altar
Di Potida rinnovisi il giuro
O la morte o l’Italia salvar
(...)
Ulteriori
echi di immagini contenute nell’Inno si possono trovare in altre poesie
del Canata, (presenti nel testo pubblicato da L. Leoncini nel 1889 e più sopra
ricordato): per es. ancora l’”aquila grifagna” che, in “Le agonie
d’Italia” (del 1850), non ha “le penne perdute” dell’Inno
ma “vuota raccoglie l’ugna” mentre nelle “Terzine a C.
Panattoni” del ’56 sono ancora le “aquile grifagne” a far “strazio
del suolo natio”.
Anche
l’episodio di Ferrucci (nel Risorgimento assurto a emblema di orgoglio
nazionale benché avesse assalito la città di Volterra che aveva osato
ribellarsi a Firenze) trova un riscontro (nell’ode “Inferno, Purgatorio e Paradiso
d’Italia” del 1849) nel verso che ricorda “Gavinana
nel guardo d’un prode”. E Gavinana fu il luogo presso Pistoia dove
Francesco Ferrucci perse la sua ultima battaglia il 3 agosto del 1530.
Coincidenze
casuali, stereotipi ottocenteschi, comuni matrici storico-culturali o qualcosa
di diverso?
Leonello Oliveri
NOTE
1 ) La data si dedurrebbe dalla foto della lettera pubblicata da V. S. DERAPALINO, Un collegio nelle Langhe, Savona 1972, p. 145: c’è però chi legge l'ultima cifra dell'anno come uno 0, che darebbe quindi 1840. (v. avanti)
2 ) La vicenda è così ricordata da A. G. Barrili in Scritti editi e inediti, Genova, 1902, p.18: "nel novembre '41 era entrato all'università (..) il corso di legge avrebbe dovuto finire nel '47 a 20 anni, se nel frattempo ( nel 45?) non avesse dovuto incorrere la pena disciplinare di un anno di espulsione dall'ateneo per un alterco con vie di fatto" . L’Enciclopedia Italiana Treccani così ricorda il fatto: “Ammesso all’Università (vi si entrava a 14 anni) fu dapprima assiduo scolaro ma per un alterco avuto con un condiscepolo il 15 luglio 1843 (quindi a 16 anni) fu punito con l’obbligo di prolungare di un anno il corso di filosofia. (..) superò gli esami di baccelliere nel 1847". Come si vede le date non coincidono.
L'alterco (sulla cui data ci sono comunque opinioni diverse) sarebbe avvenuto con un suo compagno 18enne ( di cui si tramanda il nome) per.. banali motivi di ragazze ( v. https://www.ilgiornale.it/news/intemperanze-goffredo.html#google_vignette, 10 settembre 2006).
Anche A. Nucciotti così ricorda (in L'inno nazionale è nato a Carcare, num. un., 1961, p .42) il fatto: "Goffredo era stato sospeso per un anno dagli studi a causa di un alterco con un condiscepolo. Si rivolse allora ai suoi vecchi maestri (..) Essi conoscendo il carattere piuttosto impulsivo di Goffredo, temevano che un eventuale incontro col compagno potesse aggravare la posizione del giovane(..) Egli aveva bisogno di un ambiente tranquillo dove trovare la serenità. Perciò i vecchi maestri lo indirizzarono a Carcare dove da più di due secoli fioriva un Istituto scolopio divenuto ormai famoso. Goffredo andò a Carcare "(..).
3) V. S. Derapalino, op. .cit., p. 144. Ma per la data v. più avanti.
4 ) Guido Della Valle, Padre Atanasio Canata, l’inno di Mameli e il suo autore, in Gazzetta della Liguria e della Lombardia, a.III, n.4, Marzo 1968, p. 2
5) “(..) Goffredo fin dal novembre del '41 era entrato all'Università, dove si facevano i due anni di filosofia. Da questa passò egli al corso di legge; e di legge, come di filosofia , studiò con diligenza, se non pari a quella con cui spigolava tra poeti e profeti, certo notevole ancora, come apparisce dagli appunti suoi di diritto civile, romano e canonico, mentre degli studi filosofici, segnatamente riguardo alla logica, fanno testimonianza le salde argomentazioni e la stringente dialettica dei discorsi che indi a tre anni faceva in adunanze letterarie e politiche. Il corso di legge avrebbe potuto finire nel '47, a vent' anni, se nel frattempo non avesse dovuto incorrer la pena disciplinare di un anno d' espulsione dall' Ateneo, per un alterco « con vie di fatto » diceva la sentenza, e nel recinto sacro agli studi. « Horresco referens » avrà dovuto esclamare il giovine Mameli, dando notizia in famiglia di quel colpo terribile. E non avrebbe voluto portarselo in pace: disciplina per disciplina, avrebbe accettata quella della milizia, come tanti de' suoi vecchi. E già ne aveva fatto domanda: ma il governo fu tanto assennato, o cosi cieco , da non agevolargli la strada. Ci guadagnò la poesia, che per un anno (il '45, se non erro) con più ardore fu da lui coltivata.”
6)) Altri (es. E. Costa, Sull’Inno di Mameli, in (http://digilander.libero.it/agpendola/pm7.htm) legge 1840: noi abbiamo visto solo la fotografia pubblicata nel libro della Derapalino ma ci sembra che l’ultima cifra possa/debba essere letta come 6 e non come 0.
7) Coincidenza curiosa ma anche in un certo senso impressionante: il p. Ameri che accompagnò Goffredo a Carcare fu anche colui che lo confessò, morente in seguito alla ferita durante la difesa di Roma tre anni più tardi.
8) Si potrebbe tentare di datare la lettera o con un attento esame dell'originale, probabilmente nell’archivio degli Scolopi nel Collegio a Cornigliano (Ge.), o cercando un riscontro con un particolare riportato in essa, dove si cita il trasporto della "cassa di San Candido": probabilmente si allude alla statua o alle reliquie di questo santo, presenti nel Collegio di Carcare già dal XVII sec: forse qualche processione? Se nell'archivio del Collegio ci fosse qualche cenno su questo fatto (e se riportasse la data!), il problema sarebbe risolto.
9) E. Costa, Sull'inno di Mameli, in http://digilander.libero.it/agpendola/pm7.htm
10) Per es., A. A. Mola, Storia della Monarchia in Italia, Milano, Bompiani, 2002. Per avere un’idea della vivacità (per usare un eufemismo) del dibattito sulla paternità dell’inno in internet basta digitare in un motore di ricerca i due termini Mameli Canata.
Anche Vincenzo Tarantino, L'Inno d'Italia: una paternità contesa. Storia e analisi linguistica forense, in Grafologia Medica n. 1 /2 2025, pp. 34-44, pare non aver dubbi sul soggiorno di Goffredo a Carcare. Circa l'origine dell'Inno, esaminandone dal punto di vista della linguistica forense gli stilemi, l'Autore nota che “(..) L'Inno d'Italia differisce nel lessico linguistico dagli scritti conosciuti di Mameli , mentre molte sono le analogie con i versi conosciuti da Padre Canata. I versi di Goffredo Mameli non presentano testi colti, aulici e complessi, nonché puntuali riferimenti storici, come quelli di padre Canata e come l'Inno” (ibidem, p. 42)
11) Es. E. Costa, Sull’Inno di Mameli, in (http://digilander.libero.it/agpendola/pm7.htm.
13 ) La lettera presenta in
alto a sinistra, la seguente annotazione: copia di un autografo
di Goffredo Mameli all'amico avv. Gius. Canale. Ecco il testo della
lettera:
In alto a sinistra : Copia di un autografo di
Goffedo Mameli all'amico Avv. Gius Canale
Carissimo amico. Non t'indispettir veh, non hai finora ricevuto
mie lettere perché oggi non partì la posta.
Alle 3 come mi salii sulla diligenza il nostro posto era
dinanzi, io ero vicino ad una signora, finche durarono le tenebre andò bene, ma
quando poi venne la luce mi ha messo paura uh che robbe! Sembrava il demonio
vestito da Donna. P. Aimeri diceva l'ufizio, ed io tanto per levarmi
d'inanzi quella brutta faccia guardavo di fuori. Finalmente dopo un
viaggio che mi sembrò lunghissimo e che fu accompagnato da molta pioggia
giungemmo a Savona pranzammo e ci rimettemmo in carozza, ed alla sera
giungemmo a Carcare, dopo cena mi posi a letto, che sogno che avevo non
potea più tenere gli ochi a perti. Del resto faccio di tutto per passare il
tempo senza anojarmi, mi provo a giocare al pallone alla palla, così comincio
così finisco il giorno, quando però suona un'ora sembra che mi manchi qualche
cosa, alloro mi fugge la volontà di giocare, e penso a quando eravamo a Genova
che ti facevo tanti dispetti e che poi alla fine andavo su. Ma se Dio vorrà
presto ci rivedremo quindici o venti giorni devono passar presto
non è vero, guarda che tutto al più quando sarà pasato un mese tutto al più
bisogna, e sei in dovere (avendomelo promesso) di venirmi a prendere. Non
ti dimenticar veh, che dunque pagano i capelli.
O quando vengo a Genova son santo 10 volte giachè qui ogni
momento si prega, cosa buonissima ma che guasta le ginocchia. Qui poi non fa
quel freddo che mi dicevano, meno alla sera, quando si va a letto, poi il clima
a me mi va molto a gra come pure il luogo del quale tralascio di parlarti
avendolo veduto tu stesso. Forse sarai un po' indispettito perché mi ho
dimenticato la lettera ma (te lo prometto) quando partii avevo un sogno
dell'altro mondo e credevo di averla messa nella tasca nella sera precedente,
ne mi avidi d'averla dimenticata se non quando si giunse a un paese che se non
mi sbaglio mi dissero esser Voltri mandai però subito un veturino che partiva
per Genova a dire a mamma che me la manda e mi fa specie non me l'abbia ancora
mandata.
Non t'arabiare nò fu una pura dimenticanza. Qui padre Mandrani,
il quale mi disse aver fatto collazione teco da D. Massa, mi disse che
essendo tu venuto a Carcare e non avendoti potuto vedere (cosa che molto gli
increbbe) ti salutassi da parte sua. Se vedi il maestro salutalo da parte mia e
digli che molto mi spiacque non averlo trovato in convento, e quindi vedere
inanzi di partire.
Salutami pure tua moglie, tuo suocero, suocera, il sig. Ippolito
etc. etc. Scrivimi che mi farai molto piacere.
Affezionato amico
Firmato Goffredo M.
All'esterno:
Carcare 19 settembre
Manca l'anno ma
dev'essere il 1842.
Dalla lettera ( in realtà alquanto approssimativa come grammatica) emerge anche il fatto che Mameli pensava ad una breve permanenza a Carcare, “quindici o venti giorni” o al più “un mese”, altrimenti ”pagano i capelli” (che i convittori del collegio portavano assai corti). Se è del '46, Goffredo aveva 19 anni.
17 ) Leoncini L. (a cura di), Versi del padre Atanasio Canata delle Scuole Pie, Torino 1889, p.163.
19) Borzino Ulisse fu un pittore e
giornalista genovese che partecipò il 10 (?) novembre 1847 a un convegno a
Torino a casa di Lorenzo Valerio , direttore del giornale La concordia.
20) La morte del Mameli durante la difesa
di Roma non fu causata dal nemico, ma da un colpo partito dalle stesse
file repubblicane che gli spezzò
l'osso della gamba sinistra: "fu ferito da palla repubblicana nella
tibia sinistra", ricorda sommessamente A. G. Barrili in Scritti
editi e inediti di Goffredo Mameli , Genova 1902, p. 471. Curato
sommariamente (solo dopo alcuni giorni fu trovato e tolto dalla ferita lo
stoppaccio della cartuccia) sopravvenne la cancrena e la tardiva amputazione
dell'arto non salvò il giovane Mameli dalla morte. Come ricordato il p.
Ameri, lo stesso che aveva accompagnato il giovane Goffredo a Carcare nel ’46,
ne raccolse l’estrema confessione poco prima della morte.
21) "La tradizione orale scolopica, raccolta per primo da P. Damiano Casati nella sua tesi di laurea in Lettere nel '68-69, riferisce con certezza che l'inno nazionale è nato a Carcare durante il periodo in cui ha soggiornato il Mameli, accolto ed ospitato dal rettore padre Garassini. La stessa tradizione scolopica non insiste circa l'attribuzione dell'Inno al vate calasanziano e patriota. Ma non la esclude". (L. Chiarlone, in P. Damiano Casati, Il Collegio di Carcare. Personalità e didattica dell'istituzione scolopica nell'Ottocento, Grfl, Rocchetta Cairo 2007, p. 236).
A tale tradizione non fece cenno (ma visti i tempi, come avrebbe potuto?) Padre Ferdinando Isola, che viveva nel Collegio e che nel 1897 pubblicò Carcare e Le Scuola Pie. Memorie raccolte ed ordinate da p. F. Isola.
22) E' interessante notare come si è arrivati alla "proclamazione ufficiale" dell'Inno di Mameli come Inno d'Italia leggendo i verbali della riunione dell'apposita Commissione Parlamentare (I Commissione permanente -Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni -Martedì 18 luglio 2017 -Riconoscimento dell’inno di Mameli « Fratelli d’Italia » quale inno ufficiale della Repubblica. Intervento di Gian Luigi GIGLI (DeS-CD : emendamento respinto). il tutto si può leggere qui.
Goffredo Mameli morente riceve la nomina a Capitano:
episodio tanto noto (nella retorica post- risorgimentale) da essere "eternato" sui francobolli |
Leonello Oliveri
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