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La battaglia di Cosseria (detta anche, ma impropriamente, di
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| Assalto alla porta del castello |
Millesimo), che si svolse fra il 13 e il 14 aprile del 1796 intorno alle rovine dell'antico castello dei Del Carretto, fu quella che aprì a Napoleone le porte del Piemonte durante la Campagna d'Italia del 1796: con essa il generale corso diede l'avvio ad una brillante carriera che avrebbe fatto di lui, fino ad allora oscuro generale della più scalcagnata delle armate francesi, l'Imperatore dei francesi, colui che fece tremare i troni d'Austria, Inghilterra e Russia.
Con la battaglia di Montenotte (11 aprile 1796) , Bonaparte era riuscito a valicare la catena alpino-appenninica scendendo nella valle. Inoltre aveva fatto arretrare l'esercito austriaco da Montenotte a Dego. Pochi chilometri, ma sufficienti ad interrompere te comunicazioni tra le truppe austriache e quelle piemontesi, che da Ceva arrivavano fino a Millesimo e Cosseria. Fra i due schieramenti si insinuano come un cuneo le truppe francesi.
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| Dal disegno di Martinel/Bagetti il Campo di Battaglia di Cosseria |
Per allargare questo spiraglio il 13 aprile Bonaparte spinge le sue truppe verso Millesimo. Intanto le truppe dei generali francesi Augereau, Menard e Joubert, che non avevano praticamente preso parte agli scontri di Montenotte, si dirigono verso Cosseria, Millesimo e Montezemolo.
Jubert con 1800 uomini risale dalla chiesa delle Grazie presso Cairo il vallone di Cummi in direzione di Cosseria, respinge i posti di guardia dei Croati al bric Pattaria e alla cappella di S.Damiano facendoli ripiegare al bric del Cavallo e interrompendo così in modo definitivo le comunicazioni con le truppe austriache attestate intorno a Dego.
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| Le truppe francesi entrano a Millesimo |
Menard con 900 uomini della 8' leggera e 2400 della 39a brigata (gen. Beyrand) risale da Carcare la valle del torrente Nanta lungo la “strada del Cornarè" (frazione di Carcare in direzione di Millesimo), respinge un piccolo gruppo di Cacciatori austriaci (Milizie Della Rocca) appostati al bric Orgin sopra la Colla, a sinistra di Montecala, e occupa la chiesa parrocchiale di Cosseria.
Sotto la spinta dei francesi un corpo di 500 croati, guidati dal generale Provera, ripiega nel castello di Cosseria ed è subito assalito dal nemico. All'improvviso le truppe francesi verso Millesimo vengono attaccate alle spalle. E' il 3o battaglione dei Granatieri piemontesi, comandato dal tenente colonnello Filippo Del Carretto, marchese di Camerano. Questo battaglione, composto di sei compagnie (due del rgt. Monferrato, due del Marina, due del Susa), in tutto 548 soldati e 21 ufficiali, era stato inviato in ricognizione dal generale Colli, comandante le truppe piemontesi accampate oltre Montezemolo.
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| Il castello sul monte nella stampa coeva di Martinel/Bagetti |
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| Oggi |
Appena passato Millesimo, forse un poco imprudentemente, senza farsi procedere da un velo di pattuglie, si trova di fronte forze francesi molto superiori. Vedendo in difficoltà i Creati di Provera, il Del Carretto ordina alle due compagnie del Monferrato (180 uomini) di assalire alla baionetta le linee nemiche più esterne.
Aggredite all'improvviso e con determinazione le truppe francesi, spesso in difficoltà quando non dispongono dell'iniziativa, hanno un momentaneo sbandamento. Il comandante piemontese, approfittando della sorpresa, fa filare alternativamente a scaglioni le sue compagnie dietro al provvisorio riparo costituito dalle mura del castello: quattro si ritirano e due fanno fronte al nemico; l'operazione viene ripetuta fino a che tutti i piemontesi sono all'interno del recinto del castello, che era appartenuto agli avi del loro comandante. Così almeno raccontano le ricostruzioni ottocentesche della battaglia.
Con i Croati sono circa 1100 uomini (1) : all'alba del aprile, oltre 6000 francesi si buttano all'attacco, ha inizio la battaglia di Cosseria.
Vi furono tre assalti.
Il primo intorno alle 8 del mattino del 13, al momento del primo contatto fra le truppe francesi e quelle piemontesi, un secondo verso le 11, lanciato dai francesi contro le truppe asserragliate all'interno del castello, ed un terzo, dopo un cannoneggiamento durato più ore nel pomeriggio, dalle 16 al tramonto dello stesso giorno (4). In nessuno di essi i francesi riuscirono a superare i trinceramenti che le truppe piemontesi e croate, disposte su tre file, avevano improvvisato: arrivati finalmente a contatto con la prima fila dello schieramento avversario (disposta lungo la cinta più esterna, crollata fino alla base) i francesi cercarono perfino di aggrapparsi alle baionette dei granatieri piemontesi per romperne lo schieramento, ma furono bloccati.
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| Il prato all'interno del castello dove era schierata la prima linea di difesa |
Solo sette assalitori riuscirono a superare la fila più esterna, mettendo piede all'interno del pianoro del castello, ma furono tutti abbattuti (5).
Per i francesi fu uno scontro ben diverso, e assai più sanguinoso, rispetto a Montenotte. Condotti con grande determinazione, in colonne serrate (6), in un luogo aperto e privo di ogni protezione, contro avversari altrettanto determinati, gli assalti si mutarono in un terribile massacro per i francesi, ammassati davanti alle rile nemiche: "En moins d'un quard d'heure 300 morts et 600 blessès jouncent le sol", ricorda una non sospetta fonte francese (7). Un'intera brigata, quella comandata da Joubert, dovette essere ritirata dal combattimento perché falcidiata dal fuoco piemontese.
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| Castello di Cosseria: è possibile che i caduti della battaglia riposino ancora nella parte terminale del fossato |
L'enorme numero di perdite francesi (pari almeno al 3% dell'intero corpo di spedizione in Italia e al 17 % delle truppe attaccanti) secondo molti storici non fu probabilmente né compensato né richiesto dall'importanza tattica della conquista: il castello di Cosseria e i suoi 1000 difensori (la cui resistenza non ebbe del resto risultati pari ai sacrifici sostenuti) avrebbero probabilmente potuto essere presi da un costo molto minore con altri mezzi; le stesse fonti francesi definiscono la battaglia un inutile massacro ricordando che Napoleone era "peu meager du sang de ses soldats"(12). I piemontesi si arresero solamente la mattina del 14 quando, caduto il Del Carretto, esaurite le munizioni (ma v. oltre) ed ottenuto l'onore delle armi dalle truppe francesi, possono affermare "avec raison qu'ils ont assez fait pour l'honneur des armes sardes ". Invano avevano atteso per tutta la notte e parte della mattinata l'aiuto del generale Colli, le cui truppe erano attestate a pochi chilometri, a Montezemolo, in grado di vedere (e probabilmente anche sentire) lo scontro di Cosseria.
Inutile
fu anche il tentativo di cittadini di Millesimo che si recarono fin
da lui per informarlo su quanto stava succedendo a Cosseria: Colli
non venne in aiuto del suo battaglione.
Le trattative per la resa sul pianoro
all'esterno del castello
Proprio la condotta di questo generale, che alcune fonti dicono facesse la guerra “sempre indietreggiando” -forse perché ossessionato dalla paura di essere aggirato (tramite la strada da S. Giacomo di Murialdo a Castelnuovo di Ceva i francesi avrebbero potuto sbucargli alle spalle in caso di eccessiva avanzata) e/o per portare i francesi in Piemonte anziché, lui suddito dell'Austria, nell'austriaca Lombardia?- lascia aperti interrogativi su una guerra a proposito della quale il Barrili scrisse che "politici maneggi troppo influirono sulle sue sorti" (13).
| La resa |
A mezzogiorno del 14 i superstiti del 3 o btg. Granatieri e dei Croati lasciano quelle mura oltre le quali, finché c'era una ragione per resistere, nessun francese era potuto passare. La scena della resa ebbe un lontano testimone oculare, l'ufficiale comandante le due compagnie del rgt. Saluzzo inviato dal Colli in soccorso. Arrivato sulla riva sinistra della Bormida, dalla parte di Roccavignale, "il rumore del tamburo che dal castello batteva il suo cupo segnale della resa gli fece levare la testa e si accorse che era arrivato troppo tardi perché riconobbe -il sole già cominciava a colorare questa montagna testimone di tanto eroismo e tinta dal sangue di tanti coraggiosi che stavano per soccombere, che le truppe evacuavano il castello. Si arrestò due ore in quella posizione poi ritornò a Montezemolo"(14). Gli stanchi granatieri sfilarono tra le truppe francesi che resero gli onori militari e deposero quelle armi che nessuno era riuscito a strappare loro "in un pianoro ad ovest del castello": li aspettava la prigionia e il “codardo oltraggio” di quanti, eroi della retroguardia e dell'ultimo minuto, erano già passati dalla parte dei vincitori". Gli ufficiali furono invece rimandati liberi a casa “sulla parola” .
Questa è la ricostruzione precisa e nota della battaglia di Cosseria.
In realtà tale ricostruzione lascia aperti due interrogativi.
Il primo concerne l’origine stessa della battaglia, che in molte ricostruzioni sembrerebbe quasi essere nata per caso: il gen. Provera nella sua ritirata capita a Cosseria, il col. Del Carretto nella sua avanzata si imbatte nei francesi e ripiega casualmente nel castello di Cosseria.
Il secondo interrogativo riguarda i motivi della resa, fra i quali viene ricordato l’esaurimento delle munizioni.
Ora nuovi documenti (o meglio, vecchi documenti un poco trascurati, fra i quali uno sorprendente), permettono di definire meglio il quadro, anche con risvolti sorprendenti e inattesi.
Per quanto riguarda il primo problema, la pubblicazione (già nel lontano 1914!) dei documenti dello Stato Maggiore piemontese relativi agli scontri del ’96 (presentati nella nota 13) dimostra chiaramente che sia il Provera che il Del Carretto avevano ricevuto disposizioni precise di raggiungere il castello di Cosseria.
Per quanto riguarda la mancanza di munizioni come uno dei motivi della resa, questa motivazione non mi ha mai convinto pienamente.
Le truppe piemontesi partivano in ordine di battaglia, generalmente, con
almeno 40- 50 cartucce per soldato ( i francesi ne portavano 80).
Inoltre nel castello erano stati introdotti anche due muletti carichi
di munizioni. I granatieri presenti a Cosseria non erano stati
impegnati a scontri a fuoco prima del 13 aprile, e quindi dovevano
avere le provviste di munizioni intatte. Non è molto facilmente
comprensibile che truppe esercitate e disciplinate come quelle
sprechino 40- 50 colpi per ogni soldato per fronteggiare tre assalti
nemici, in cui verosimilmente neppure tutti i soldati erano sulla
linea di fuoco (le truppe erano scaglionate su tre quote diverse) e i
soldati delle prime file non poterono certo tirare (anche vista la
conformazione del terreno) più di tre- quattro - scariche prima di
arrivare al contatto fisico col nemico, che veniva poi risolto
all'arma bianca. Alla mattina dei 14 aprile, dopo tre assalti (che
si svolsero prevalentemente su un solo lato del castello), e pur
considerando l'effettuazione di tiri di interdizione nelle pause fra
gli assalti, i soldati dovevano avere ancora buona parte del
munizionamento individuale. Semplicemente –questa era la mia
opinione già nel 1996 - gli ufficiali piemontesi e croati capirono -
caduto il del Carretto e vista la mancanza di soccorsi da parte del
Colli - l'assoluta inutilità di un ulteriore spargimento di sangue e
l'opportunità di iniziare trattative di resa avendo ancora una
"forza contrattuale" (rappresentata da una residua capacità
di fuoco) da far pesare. Il che, ovviamente, non toglie nulla al loro
valore, anzi, lo fa diventare meno disperato e più produttivo.
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| Decorati per la battaglia |
Il "Disertore" di Cosseria
Ora ho finalmente notato un documento (pubblicato nel lontano 1914!) che in un certo senso dà ragione ai miei dubbi e rivela un aspetto molto umano nella psicologia dei soldati asserragliati dentro il castello, che –comprensibilmente- non avevano certo troppa voglia di farsi ammazzare.
Chi fosse questo “disertore” non è dato a sapersi. Sappiamo però che nella notte tra il 13 e il 14 aprile un granatiere piemontese (caporale del rgt. Susa) fu inviato fuori dai trinceramenti piemontesi, vestito con una divisa francese, per cercare di raggiungere le truppe piemontesi a Montezemolo e chiedere aiuti. Di lui non si seppe più nulla. E’ quindi possibile che sia stato catturato dai francesi e che – per salvare la pelle (era in divisa del nemico, motivo più che sufficiente per un plotone di esecuzione)- si sia fatto passare per disertore anziché per messaggero inviato alla ricerca di rinforzi, o che come tale lo abbiano sbrigativamente identificato i francesi. Se le cose stessero cosi (ipotesi più che possibile) il termine “disertore” sarebbe veramente improprio.
Ecco il testo del rapporto, tradotto dal francese: “ Nella ridotta di Cosseria ci sono sei compagnie di granatieri di cui due del Rgt. Monferrato, due della Marina e due del ?Sara? ( illeggibile: probabilmente deve leggersi Susa) : 400 uomini. Ci sono poi circa 1200 Croati o Austriaci di diversi corpi . Non c’è né pane né viveri di alcuna specie, né acqua. Questa notte volevano andarla a cercare, ma gli avamposti (francesi) lo hanno impedito. Ci sono molte poche munizioni da guerra. I granatieri non hanno più munizioni, essi hanno gettato nel fuoco quelle che restavano loro. I muli entrati ieri erano carichi di cartucce. Il colonello Caretti, comandante dei granatieri, è stato ucciso ieri sui trinceramenti”.
Stando quindi comunque alle rivelazioni del “disertore” (uscito dal castello dopo la morte di Del Carretto e prima della resa, quindi nella notte fra il 13 e il 14) i granatieri, senza viveri (ancora l’8 aprile il Re aveva proibito di distribuire lardo e legumi ai soldati che non fossero nei posti avanzati..) considerata ormai inutile la resistenza, avrebbero buttato nel fuoco le loro munizioni residue per rendere inevitabile la resa.
Come ho detto, avevo avanzato l’ipotesi che il “disertore” fosse in realtà il soldato piemontese inviato in divisa francese per cercare aiuti. Anni dopo la pubblicazione del mio articolo, ho trovato una conferma in un secondo testo. Si tratta di un autore francese assai autorevole, il Gachot.
Ebbene, nel suo articolo Le siège de Cosseria –documents inédit (Paris, Musée de l’Armée, H, 98, 2) a pag. 362 troviamo scritto: “Un caporal des grenadiers de Suse consentit à remplir cette mission pèrilleuse ( chiedere aiuti per gli assediati). Il prit la prècaucion de revetir l’uniforme d’un soldat francais mort. Mais le résultat de son entreprise resta ignoré de nous. Le caporal piémontais, ne connaissant pas le mot d’ordre, tomba aux mains des Français. Il fut classé comme deserteur, interrogé et Augereau tira de lui ce rapport qui contient des exagerations : « Il y a dans la redute de Cosseria six compagnies de grenadiers, dont deux du régiment de Montferrat, deux de la Marine, deux de Sardes, soit 400 hommes ; il y a environ 1200 Croates ou Austrichiens de differents corps ; ils n’ont ni pain ni vivres d’aucune espèce, ni eau (..) ; les grenadiers n’ont plus de munitions ; ils ont jeté dans le feu celles qui leur restaient (..). ».(15)
C’è infine da osservare che anche il Martinel nelle sue Istruzioni per la 2° vista di Cosseria, 26 germinal an 4 (13 aprile 1796) annotava : “I granatieri piemontesi animati dai loro capi non disperano di resistere in una posizione così formidabile e sono al posto più minacciato; si vedono sulla sommità i soldati austriaci pronti a combattere se lo si ordina loro ma sperano che il loro capo si lascerà imporre dalla fermezza del generale francese”
Qui non vogliamo disquisire sull’esattezza o meno del termine “disertore”, quanto sottolineare il comportamento dei granatieri che, (ovviamente stando al documento francese) avrebbero buttato nel fuoco le loro munizioni.
Come
dobbiamo valutare questo comportamento? Una sorta di “ammutinamento“ soft? No di certo, semplicemente un atto diremmo di
“autotutela” che dà un volto umano (e una personalità e una
volontà) a questi ignoti soldatini, finora considerati solo numeri,
e che invece non avevano, come comprensibile e naturale, troppa
voglia di farsi ammazzare senza motivo e senza speranze, in nome di
un re che di lì a poco sarebbe scappato (già allora!), di una “patria” per la
quale erano solo sudditi e carne da cannone, di ufficiali che presi
prigionieri, sarebbero stati rimandati a casa “sulla parola”
(mentre i poveri soldatini verranno imprigionati in Francia), e che,
in qualche caso, avrebbero poi continuato la loro carriera magari
anche agli ordini di Napoleone.
Ma le munizioni avrebbero potuto essere buttate nel fuoco per non farle cadere in mani francesi al momento della resa.
Ovviamente queste sono solo mie opinioni personali, e come tali opinabili.
Dopo la battaglia: i soldati deportati, gli Ufficiali mandati a casa
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| Il Q.G. di Napoleone a Carcare |
nell’edificio della "piazzetta", Bonaparte aveva installato il suo Quartier Generale. Cosa successe dopo ce lo racconta (in “Antologia Italiana, giornale di scienze, lettere, arti”, a. I, tomo II, Torino 1847,p. 632 sgg.) un testimone oculare e combattente nella battaglia, il gen. Carlo Birago, allora sotto luogotenente del Rgt. della Marina, Ia comp. Granatieri.
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| Cosseria 1996: Nel bicentenario della battaglia un reparto della Legione Straniera Francese partecipa alle celebrazioni |
1 ) BOUVIER, Baparte en Italie en 1796,Paris, 1899, p.270
2) Corrispondente alla cresta della collina che inizia al di sopra della località denominata 'Calleri".
3) In questo settore il dislivello fra il pianoro esterno al castello e quello interno è solo di 3-4 metri: le macerie delle mura crollate avevano formato, ormai da secoli, un ripido ma corto pendio fra la base del muro stesso, non più alto di un metro, e il pianoro sottostante: fu in questa riva pietrosa di pochi metri che avvenne la carneficina più terribile fra gli assalitori.
5) Stando alle famose stampe del Bagetti i cannoni erano collocati presso la Braida: ma ciò appare poco verosimile, vista sia la distanza sia il notevole dislivello, sia l’impossibilità di vedere il castello da tale postazione. Molto più convincente e verosimile una relazione
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| Qui fu collocato un cannone: il castello (ruderi) è in fondo alla strada |
francese dei 1804 ( Mémoire militaire et statistique du Champ de Bataille de COSSERIA remis au chef de section Martinel le 1er vendemiaire an 13 (22 settembre 1804) par BENTABOLE sous lieut ingenieur geographe ): Essa ci dice che i francesi "si avvicinarono a 100 passi dal castello e con due grandi botti che avevano preso alla cascina della Braida (immaginiamo la gioia del contadino proprietario: oltre tutto era aprile, e quindi probabilmente le botti erano anche piene ... ) e che avevano riempito di pietre e sabbia costruirono un trinceramento dietro al quale piazzarono l'artiglieria che iniziò un fuoco vivo, ma la perdita di diversi cannonieri che quel trinceramento non metteva al coperto fece loro abbandonare quelle botti e ne fecero uno nuovo di fascine”. I cannoni francesi utilizzati in quella circostanza erano pezzi da quattro libbre a canna liscia che tiravano fino a 700 metri una palla di ferro del diametro di cm. 7, pesante kg. 1,450 ca. Fu inoltre utilizzato almeno un pezzo di calibro maggiore, con palle da kg. 1,9 e diametro di cm. 8,1.
5) Bouvier, op. cit., p.274 sg,
6) In particolare diverse testimonianze ricordano impressionate la colonna guidata da Banel composta da effettivi della 39a e 51a demie-brigade che "marciava in silenzio, arme sul braccio sotto le trincere" (Mémoires militaires et statistiques de la Commune de MILLESIMO fesant partie du Champ de Bataille de Cosseria rémis au chef de section Martinel par le sous lt. Simondi le 30 vendemiaire an 13 (22 octobre 1804).
7) Bouvier, op. cit., p. 275. A sua volta lo storico francese ha ripreso il dato dalle citate Mèmoires militaires di Millesimo. I feriti furono riparati presso "l'ospedale volante" organizzato a Carcare nella chiesa delle Scuole Pie.
8) BOUVIER, op. cit.,p. 281. L'ampiezza delle perdite francesi può essere resa evidente dalla constatazione che una brigata, la 18a, subì da sola 116 morti e 206 feriti (ibidem). Resta sconosciuto il luogo di sepoltura di questi caduti.
9) "Il valoroso generale Banel per un colpo di palla nella testa cessò di vivere e fu seppellito al piede dei castello" (Memoires militaires et statistiques de la Commune de CARCARE fesant partie du Champ de Bataille de Cosseria remis au chef de section Martinel par BRAMBILLA Lieut.e Primo Vendemiajo an 13 (22 settembre 1804) Il luogo di sepoltura potrebbe essere il cimitero anticamente esistente di fronte alla locale cappella di S. Filippo (loc. Marghero).
11) Sulla figura di questo ufficiale piemontese, che per aggressività e dinamismo avrebbe potuto veramente controbattere l'invasore francese ad armi pari, v. L. OLIVERI, "Chi era Filippo Del Carretto", in Alta Val Bormida, XXV, n. 6, 1984, p. 3. L'episodio della battaglia di Cosseria, della difesa dei granatieri piemontesi e della morte dei loro comandante nel castello che fu dei suoi avi, rimase profondamente infisso nella memoria degli abitanti della zona entrando a far parte, per così dire, dei patrimonio "mitologico" locale. Celebrato nel secolo scorso dal Carducci (La bicocca di S. Giacomo) dall'Abba (Montenotte, Dego e Cosseria, ristampa GRIFL, Rocchetta di Cairo, 1992), dal Canata ( P.A. CANATA, "Il castello di Cosseria", in Versi a cura di L Leoncini, Torino 1889, pp. 272-283), dal Barrili ("La difesa di Cosseria", in P. VALENTINO, Memorie storiche del Santuario di N.S. del Deserto e cenni su Millesimo, Savona 1904., pp. 420-437), È ancor oggi ricordato, a Millesimo e Cosseria, da rievocazioni, monumenti, strade, perfino da una scuola, dedicati ai granatieri o a Filippo Del Carretto
12) BOUVIER, op. cit., p. 271. Non sono completamente d'accordo sulla scarsa utilità - da parte francese - della battaglia di Cosseria. A mio avviso la necessità strategica dello scontro fu notevole: la campagna di Bonaparte fu incentrata sulla velocità, i francesi non potevano lasciarsi alle spalle (metà dell'armata francese era schierata a Dego) truppe nemiche ancora in grado di combattere ed era essenziale che tutte le truppe inviate contro di loro o tornassero indietro rotte e scoraggiate (v. Montenotte) o non tornassero affatto.
13) A.G. BARRILI, "La difesa di Cosseria etc.", in V. PALADINO, op. cit., p. 412. Per meglio chiarire l'operato dei Colli può essere utile la conoscenza degli ordini che impartì in tali circostanze. Ecco i principali, come li riportano E. AMO, Da Montenotte a Cherasco,, Ceva 1972, p.48 sgg. e G. Fabry, Campagne de l’Armée d’Italie 1796-97 di G. Fabry, Parigi nel 1914, pgg. 30 e sgg.: 8 aprile Colli a Provera: “Cairo non deve essere custodito che come posto avanzato che deve ripiegare su Cosseria”; 9 aprile, Colli a Provera”Voi occuperete in forze le posizioni fra le due Bormide(..) per sostenere in forze il posto importante di Cosseria; 10 aprile, Colli a Provera: “Il posto di Cosseria è essenziale per coprire le Langhe fra le due Bormide (..). Le truppe leggere di Cairo devono tutte ripiegare su Cosseria”; 12 aprile, Colli al generale Bellegardc: "Farete marciare subito il battaglione dei granatieri del col. Del Carretto a Cosseria ..) dovrà difenderla ad ogni costo) ; 12 aprile, ore 22, Colli al gen. Provera: "Se il nemico avanzerà verso Cosseria invierò altre truppe a Cengio per sostenervi”; 12 aprile, Colli a Bellegarde: “Farete marciare il btg. dei granatieri del cav. Carretto a Cosseria(..) egli deve difendere Cosseria jusqu’à l’extremité”; ; Colli a Provera, 12 aprile ore 10 di sera. “io faccio marciare a Cosseria un battaglione di granatieri piemontesi ; 13 aprile ore 20, Colli da Ceva a Beaulieu: "Ho ordinato al gen. Provera di sostenere Cosseria ad ogni costo (...) il nemico ha attaccato stamattina il gen. Provera che ha difeso Cosseria con grande bravura. Ho assistito A questo attacco dalle alture della Crocetta (Montezemolo). Gli ho inviato subito un battaglione (!) di granatieri per la Rocchetta di Cengio ed ho fatto attaccare il nemico che era sulle alture poste di fronte alla Crocetta, ma tale diversione che si proponeva di far desistere il nemico dall'attacco non stata sufficiente (..). Con altre truppe farà attaccare il nemico a Millesimo"; 13 aprile, Colli al cav. Da Tour: "marcerete con la centuria dei granatieri reali e coi vostro mezzo battaglione per Cengio. Proseguirete sulle alture che portano al castello di Cosseria (..) vi riunirete agli altri e attaccherete bruscamente il nemico"; ore 20:Colli al maggiore Strassoldo: "Riunitevi al col. Du Tour che ha l'ordine di fare ogni sforzo per liberare il gen. Provera"; ore 21, Colli al gen. Crist: "Il gen. Provera è rimasto bloccato a Cosseria e difficilmente potrà essere liberato"; Montezemolo, 14 aprile ore 6, Colli al comandante del rgt. Vercelli: "Marcerete per la cresta che va verso Cosseria. Si attaccheranno i posti nemici per facilitare l'uscita delle truppe di Provera" ore 6, Colli al cav. Da Tour: “Il mio proposito è di far giungere aiuti a Provera mediante un attacco notturno. Ciò lo deciderà a effettuare una sortita”; ore 10, Colli al comandante del corpo destinato a marciare su Cosseria: "Cosseria caduta. L'operazione diviene inutile. Ogni corpo dovrà riprendere la propria posizione". Come si vede alle ore 20 del 13 Colli comincia a radunare le forze - poche, centurie e mezzi battaglioni contro una divisione! - per un attacco in difesa di Cosseria, attacco che però programma per la notte fra il 14 e il 15. In quel momento i francesi avranno già vinto anche la battaglia di Dego!
14 Mémoire statistique, historique et militaire de la Commune de ROCCAVIGNALE. Fait a Roccavignale le 24 juin 1808 par SIMONDI, sous heut.te ingénieur géographe ». Questa pagina, di un ufficiale francese, è il miglior omaggio al "leggendario valore disperato" dei difensori di Cosseria, tanto più importante perché reso da un soldato.
15) A metà degli anni ’80 del secolo scorso (che effetto definire così il 1984!) fu condotta una piccola campagna di scavo nel castello di Cosseria. Negli strati superficiali intorno ai resti della torre furono trovate diverse colate di piombo fuso. Ricordo forse di tale fatto?
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