mercoledì 22 ottobre 2025

COME ERAVAMO - I NOSTRI PAESI NELL'800: POCHE CASTAGNE E TANTA FATICA

 

COME ERAVAMO - I NOSTRI PAESI NELL'800: POCHE CASTAGNE E TANTA FATICA



Leonello Oliveri
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(in costruzione)

Conoscere la storia della terra in cui si vive dovrebbe essere un'esigenza di tutti. Esiste infatti una linea continua di evoluzione che lega il presenta al passato e al futuro, e solo con la prospettiva della storia si può tentare di conoscere una realtà…, e quindi in essa agire e operare per migliorarla. Ciò valido per tutti, sia per chi è investito di compiti e responsabilità… gestionali, sia semplicemente per chi nel territorio vuole vivere con consapevolezza e rispetto dell'ambiente che lo circonda.

Per questo può essere interessante andare a scoprire come eravamo una volta, per vedere quali, e di qual tipo, sono stati i cambiamenti fra la nostra vita e quella di chi ci ha preceduto nella nostra valle 100, 200 anni or sono.

Per il nostro veloce tuffo nel passato utilizzeremo come guida un libro scritto nel 1824 dal conte francese Chabrol de Volvic (1773-1843) che fu inviato da Napoleone come prefetto del Dipartimento di Montenotte (da Oneglia ad Acqui, con "capitale" Savona) dopo la conquista francese dell'Italia settentrionale. Della sua permanenza a Savona, dal 1806 al 1812, restano numerosi frutti, primo fra tutti la realizzazione della grande strada da Savona a Ceva-Alessandria. Resta appunto anche un libro, testimone del suo desiderio di conoscere la realtà…, la storia e i problemi delle terre a lui affidate: Si tratta dei due grossi volumi intitolati "Statistique des provinces de Savone, d'Oneille, d?Acqui et de la partie de la province de Mondovi formant l'ancien dèpartement de Montenotte", stampati a Parigi nel 1824, che costituiscono un'autentica miniera di notizie storiche, economiche e statistiche sui nostri paesi. Da essi stralciamo quanto lo Chabrol scrisse a proposito di alcuni centri della Val Bormida.


"A Carcare l'aria è assai salubre”

"Carcare conta 777 individui divisi in 155 famiglie. Questo paese È attraversato dalla Bormida. La temperatura è pressapoco quella di Cairo ma l'esposizione È migliore e più salubre. Le colline circostanti sono ben coltivate benché il terreno sia sabbioso e poco fertile. La produzione del pese consiste in frumento, grano, castagne, vino e foraggio. Il raccolto basta appena al consumo locale. Il commercio vi È attivo e si accresce giornalmente dopo l'apertura della strada per Savona che si divide proprio in questo paese andando da una parte in Piemonte, dall'altra nel Monferrato.

Esiste a Carcare un collegio dove sono attualmente solo 16 convittori. Fu fondato nel 1621 da una fondazione del sig. Castellani. Sei studenti di questo comune devono essere mantenuti agli studi a Roma e quattro ragazze devono ricevere la dote con le rendite della fondazione : ma queste rendite non arrivano più da quando la Banca di Roma ha sospeso i pagamenti e dato che non è più permesso di inviare i ragazzi in collegi stranieri.

Nel paese esiste una chiesa, tre cappelle e un ospedale con una rendita di 240 franchi".

Le notizie riportare dallo Chabrol ci forniscono alcuni dati interessanti, sia sull'economia (allora incentrata sull'agricoltura ma con una certa componente commerciale: già allora Carcare svelava la sua vocazione a centro di servizi e commerciale) sia sulla demografia: 777 ab. divisi in 155 famiglie, come dire oltre 5 persone per famiglie, media ben diversa da quella attuale.

Interessanti anche le informazioni, per altro già note, sulla "fondazione Castellani", specie per quanto concerne il fatto che tramite le sue rendite si dovevano dotare quattro ragazze e far studiare a Roma sei ragazzi: e pensiamo un momento cosa doveva significare per un piccolo paese contadino la possibilità di far studiare (e a Roma!) sei suoi figli in quei secoli di miseria e ignoranza. Quali ripercussioni positive dovette avere, per l'intero paese, questo privilegio fornito dai fratelli Castellani che si mantenne, a quanto pare, dal 1621 agli anni dell'invasione napoleonica (1796)! E quale svantaggio fu, per il paese, la proibizione (a quanto pare dovuta alle nuove autorità francesi) di mandare a studiare i figli in collegi "stranieri"!

Millesimo un ponte ben costrutto.."

"Millesimo, capoluogo del cantone, possiede sul fiume Bormida un ponte ben costrutto (..) Esiste, in faccia al castello, una piazza o via larga, fiancheggiata da arcate. Il borgo È circondato da muraglie, in forma di quadrilatero. La popolazione È di 1020 abitanti. Il territorio produce vino, castagne, grano, foraggio. Il freddo è assai pungente in inverno a causa delle alte montagne vicine; il territorio È soggetto alla brina e alle inondazioni della Bormida, le stesse case del borgo ne sono talvolta danneggiate. E' un comune di creazione recente, il suo territorio fu formato dallo smembramento di quelli di Plodio, Biestro e Roccavignale nel 1536. Ciò diede origine a lamentele che ancora permangono. Nel borgo esiste un piccolo ospedale, sufficientemente grande per il paese. Nella zona ci fu, nel 1630, una malattia contagiosa che produsse grandi rovine: Avvenne allora una emigrazione considerevole verso la Spagna (..)". Lo Chabrol continua con un riassunto delle principali vicende storiche che interessarono Millesimo. Pur non dicendo, nel complesso, nulla di nuovo, le informazioni dello Chabrol sono comunque interessanti: il numero degli abitanti, il particolare del ponte "ben costrutto" (la Gaietta) e dell' attraversamento del paese facile (allora.. e oggi?), il ricordo della peste (ma nel 1631, non 1630) e dell'emigrazione in Spagna, l'economia basata su vino, castagne, grano e foraggio: una descrizione di un piccolo borgo agricolo orami irrimediabilmente perduto.


A Cosseria l'aria è viziata

Cosseria viene dallo Chabrol ricordata con poche righe: "Cosseria è divisa in diverse frazioni, di cui la maggior parte è situata ai piedi della montagna del castello. La produzione principale del paese consiste in vino. Vi si raccoglie anche grano e qualche legume, castagne, foraggio e canapa. Il territorio È fertile, salvo la parte costituita da tufo che occupa i 2/5. Il clima È assai bello, ma l'aria è viziata dalla canapa che gli abitanti fanno macerare pressol le loro abitazioni. I raccolti sovente soffrono per la mancanza d'acqua. La popolazione È di 740 abitanti". Anche per questo paese è quindi ricostruita una fisionomia di centro agricolo, gran produttore -allora- di vino. Oggi qualcosa è cambiato (le viti e la canapa sono sparite), qualcosa è ancora avvertibile (in estate talora l'acqua scarseggia come allora), qualcosa ha solo cambiato forma: non c'è più la canapa a "viziare" l'aria ma in compenso è arrivata l'industrializzazione.


Mallare, centro industriale

" Mallare, scrive lo Chabrol, è situato ai piedi dell'appennino, in una valle fredda e ombrosa; il suo territorio è povero ". L'industria viene però in soccorso agli abitanti: esistono infatti tre forge in questo territorio. Esisteva una volta un ospedale ( a Fornelli) dove dovevano essere nutriti, curati e vestiti 12 malati .. Essendo poi stato ridotto da priorato a semplice abbazia, l'ospedale fu abolito: ora però si sogna di ristabilirlo.

La popolazione del paese è di 1151 individui divisi in 208 famiglie". Interessante la citazione delle tre forge ancora esistenti nel paese a Codevilla, a Olano e in loc. Soprana. Da altre fonti sappiamo che esse davano lavoro per sei mesi all'anno ai 2/3 della popolazione, producendo annualmente circa 1000 quintali di ferro in verghe. Interessanti anche i dati relativi alla popolazione e al numero delle famiglie, ognuna delle quali aveva una consistenza media di 5,5 persone, ben diversa quindi dall'attuale (3,1). Quanto poi al "sogno" dell'ospedale esso era destinato a diventare secolare! Notevole anche l’attenzione dello Chabrol per cercare di migliorare ed incrementare le risorse dei territori a lui affidati: la terra può infatti "essere coltivata in modo migliore", i castagni selvatici che coprono la sommità dei monti e che attualmente danno poco prodotto dovrebbero essere innestati


A Pallare abitanti "poco industriosi"?

"Pallare -è sempre lo Chabrol che lo ricorda- è diviso in nove piccole frazioni. La principale produzione del paese consiste in castagne. I boschi comunali sono vasti, ma sono stati rovinati in queste ultime guerre.

Il clima è meno rigido rispetto a quello di Bormida, ma ugualmente salubre. Il suo territorio in pianura sarebbe abbastanza fertile, se non fosse devastato dalle inondazioni della Bormida, che trascina in questo punto parecchie pietre e sabbia. Quello che il fiume risparmia è il terreno meglio coltivato del cantone, produce grano e legumi. Una forgia contribuisce alle risorse degli abitanti, che sono generalmente poco industriosi e poco lavoratori. La popolazione è di 506 individui per un totale di 109 famiglie”

Anche a Pallare interessanti i dati relativi alla popolazione e al numero delle famiglie, ognuna delle quali aveva una consistenza media di 4,6 persone.

E' curioso il fatto che lo Chabrol prima definisca il territorio comunale di Pallare come quello meglio coltivato della zona, e che poi gratifichi gli abitanti del poco lusinghiero giudizio di "poco industriosi e poco lavoratori": è possibile che a questo giudizio non sia estranea una certa riottosità dei pallaresi (testimoniata dalle fonti francesi) nei confronti del Governo francese di cui gli stessi si erano trovati sudditi? Per quanto infine riguarda la forgia, essa era stata costruita intorno al 1785 sulla riva destra della Bormida, a nord del "bricco della Sorte".


Bormida: primi nella coltivazione

Se qualche appunto lo Chabrol riteneva opportuno fare ai pallaresi, tutto ok., invece, a Bormida: "E' un paese agricolo in una valle profonda ai piedi della montagna del Settepani. Il territorio comunale è ricco di pascoli e boschi, il clima È rigido ma l'aria È salubre. Il principale prodotto consiste in castagne, ma si raccolgono anche legumi e grano. Il territorio di questo comune è uno dei meglio coltivati. Le sue acque abbondanti vi hanno reso possibile la costruzione di tre forge che danno lavoro agli abitanti. Il paese partecipò dei vantaggi del marchesato di Finale di cui fece parte, e pagava poche tasse: questo fu probabilmente la causa della sua crescita. Esiste nel comune una piccola scuola primaria e un ente di beneficenza che amministra un legato per dare la dote alle ragazze povere al momento delle nozze. La sua popolazione È di 703 individui divisi in 153 famiglie".

Quando Bormida apparteneva al Marchesato di Finale pagava poche tasse: qui lo Chabrol ha, forse senza accorgersi, sfiorato uno degli elementi negativi (assieme alla coscrizione obbligatoria) del dominio francese, per altri versi moderno e positivo: la pressione fiscale da esso esercitata fu notevole, specie su comunità… agricole che non disponevano del contante indispensabile per il pagamento delle tasse e che quindi erano costrette a cercar di produrre per il mercato onde procurarsi tali fondi, dando vita a produzioni estranee alla zona e di non grande resa economica, (vedi il vino a Cosseria) in quanto finalizzate quasi esclusivamente al pagamento delle imposte e da esse assorbite senza positive ricadute.

Di qui le ripercussioni sugli abitanti ad ogni crisi esterna che, pur non riguardandoli direttamente, finiva per impedir loro di procurarsi il denaro per le tasse.


"Procedere con fermezza, sordi alle raccomandazioni.."

Al termine della sua carrellata, lo Chabrol trae alcune conclusioni sull'indole e sul carattere delle popolazioni a lui affidate: "La docilità che forma il fondo degli abitanti facilita il cammino di chi li deve amministrare. Si può, con lo zelo e il desiderio di ben fare, ottenere la loro fiducia: È sufficiente procedere costantemente con fermezza, mostrandosi sordi ad ogni raccomandazione interessata, tenendosi al di sopra di una folla di piccole passioni che si agitano senza tregua, perché non esiste calma in un clima dove gli spiriti sono così attivi, le immaginazioni così vive, gli amori così suscettibili. (...) I difetti che si mescolano a queste qualità… sono una rivalità… faziosa che si vede sovente degenerare in sentimenti di rivalsa ed ostilità". Zelo e desiderio di ben fare come qualità richieste agli amministratori, oltre alla necessità di mostrarsi sordi alle raccomandazioni; spiriti attivi, amor proprio, suscettibilità e rivalità spinta fino alla rivalsa quali caratteristiche degli amministrati: non c'è che dire, lo Chabrol sapeva conoscere la gente.

Leonello Oliveri

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giovedì 3 luglio 2025

Un po' di conti in tasca al conte



Leonello Oliveri
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Un po' di conti in tasca al conte 

(in costruzione)

La nostra lunga ricerca, volta ad arricchire con sempre nuovi tasselli la storia di quella che è la nostra "piccola patria" ci porta ora di fronte ad un documento della fine del XVI secolo, molto utile in quanto fornisce sia precise Indicazioni su alcuni paesi della Val Bormida (Pallare, Osiglia, Bormida) sia sulle basi economiche costituenti l'essenza stessa della forza dei feudatari locali.

Il documento in questione, a quanto mi risulta inedito, risale al 1597. Con esso il marchese Sforza Andrea Del Carretto, ultimo discendente dei Del Carretto del ramo finalese, all'epoca ancora feudatario, oltre che di Finale, anche di diversi paesi dell'entroterra (Carcare, Pallare, Bormida, Osiglia, Calizzano e Massimino) decide di premiare la fedeltà di un altro Del Carretto del ramo millesimese, il conte Nicolò, signore di Millesimo che era stato suo rappresentante e a suo nome aveva governato diversi paesi della valle, ricambiandolo con la concessione di beni in Pallare, Bormida, Osiglia.

L'atto si inquadra nell'atmosfera degli ultimi anni del '500, allorché i Del Carretto di Finale , di cui Sforza Andrea fu l'ultimo marchese, consapevoli ormai delle insuperabili difficoltà che avrebbero incontrato per conservare l'indipendenza fra Genova, Savoia, Monferrato e Spagna, decidono di vendere a quest'ultima quanto restava ancora del loro antico marchesato, anche facendo leva sull'enorme importanza strategica che il possesso di questa stretta striscia di terra aveva per la Spagna.

Prima della vendita, che seguirà di lì a poco, Sforza Andrea vuole saldare i suoi debiti nei confronti del Conte di Millesimo, suo parente nonché vassallo.

Dal documento possiamo intravedere alcune di quelle che erano le maggiori fonti di reddito (e quindi di potere) per i feudatari valbormidesi.

Innanzitutto le tasse dirette riscosse dagli abitanti dei diversi paesi, tasse pagate ora in denaro, ora in natura: da Pallare il feudatario ricavava annualmente una certa quantità di biada (la benzina dell'epoca), 48 galline (una per ogni fuogo, cioè per ogni nucleo famigliare) e 17 ducatoni, pari a 306 fiorini, quando un manovale prendeva 1 fiorino e mezzo al giorno.

I pallaresi, inoltre, erano tenuti a versare al feudatario una tassa pari al 5% sulle operazioni di compra-vendita, che saliva al 10% in caso di vendita totale di tutti i beni in seguito a trasferimento.

Gli abitanti di Osiglia e Bormida, che allora costituivano un'unica comunità, si pagavano invece, oltre alla solita gallina, una "parpagliola" (moneta in mistura - cioè in lega d'argento- dal valore, non elevato, di 2,5 soldi quando per fare un fiorino ne occorrevano 20. Pare di capire che tale tassa, definita "per la vardia" fosse una sorta di corrispettivo per essere esentati dal prestare la loro opera al servizio di guardia al castello; dieci famiglie del borgo di Osiglia non la pagavano, forse perché la sostituivano con l'offerta di giornate a disposizione del feudatario

Tutto sommato non sembrano tasse molto elevate, ma non erano le uniche che gli abitanti dovevano pagare, in un'epoca, inoltre, in cui il denaro circolava ben poco fra i contadini.

Molto interessanti sono poi le altre notizie forniteci dal documento: sappiamo infatti, per suo tramite che il feudatario possedeva, oltre al castello di Osiglia, e a diversi boschi di castagna, un mulino a Pallare affittato per 540 fiorini all'anno (rendeva cioè più di tutti gli abitanti del paese, tre molini "ad una ruota per ciascuno" a Osiglia e a Bormida (di cui però non si conosce il reddito), i diritti su una ferriera di proprietà privata a Bormida da cui il feudatario ricavava ogni anno una tassa do 12 rubbi(=96 kg.) di ferro, un'altra ad Osiglia con un reddito annuo di "un crosone" (non doveva trattarsi di una grossa cifra, visto che in quegli anni io chiesa di Bormida aveva un reddito di 70 crosoni e quella di Biestro di 100), quattro "reseghe”, (cioè segherie ad acqua nel territorio di Osiglia e Bormida le quali, di proprietà di "particolari - cioè di privati- rendevano in tasse ben.. 2 galline all'anno per ciascuna "che sono regali spettanti al padrone per l'uso dell'acqua", che era di proprietà marchionale 

Infine finivano nelle tasche dei feudatario anche i proventi del pedaggio (oggi si direbbe del "casello") di Bormida, posto sulla strada che univa l'entroterra alla costa finalese

E proprio questi dati sono, a mio avviso, quelli più interessanti dal punto di vista storico, in quanto ci forniscono uno spaccato abbastanza preciso e circostanziato sulle fonti di reddito dei potere feudale in Vai Bormida, che pare sempre di più basato non "sulle proprietà terriere" e sull'agricoltura, ma sui redditi provenienti dal controllo delle "industrie" o dei monopoli dell'epoca: forge, ferriere, segherie, molini,, oltre che sulla fiscalizzazione diretta e sul pedaggi, Anche in ciò il feudalesimo valbormidese, più vitale che altrove per quanto riguarda la sua estensione temporale, offre un elemento di novità rispetto ad altri.

Un ultimo dato interessante fornitoci dal documento è quello relativo alla consistenza numerica dei paesi ricordati: 48 famiglie a Pallare, 191 fra Bormida e Osiglia. Se moltiplichiamo tale cifra per quello che pare essere in quegli anni il numero medio dei componenti di una famiglia valbormidese, cioè 3,9 individui, abbiamo poco meno di 200 abitanti per Pallare e 744 per Bormida -Osiglia: cifre queste assai vicine a quelle ricostruibili tramite le relazioni delle visite pastorali di quegli anni.

Ecco il testo del documento:

15 ottobre 1597 -nota delli luoghi, ragioni ed effetti dati in cambio all'illustrissimo sig. conte di Millesimo

Fede dell'ecc.mo Sig. Sforza Andrea Del Carretto. Siccome il Sig. Conte Carretto di Millesimo, governatore per lo stesso deputato del feudo imperiale, borgo e castello e delle milizie di Calizzano, Massimino, Osiglia e Carchere in tutto il tempo che ha avuto e coperto un tal vassallaggio in essi luoghi si è portato a seconda del desiderio e sodisfazione sua e con universale contento di tutti.

Li luoghi che si danno in cambio al Sig. Conte et sue raggioni et effetti consistono in quello che segue:

1) Il luogo di Pallare, comprese anche per la parte di detta terra et suo territorio che è di finaggio al presente delle Carcare, che tutta consiste in fuoghi 48;

Un mulino in detto luogo di Pallare, affittato al presente ducatoni 30 con il multiplico di fiorini 18 (=540 fiorini= 1 anno di stipendio di 1 manovale) per cadauno;

La parte di Pallare propria di essa comunità paga per ogni anno biada ... novanta due, galline n. 48;

La parte di Pallare che era Commune delle Carcare paga (ducatoni) 17 (=306 fiorini, 6 mesi di stipendio), cioè la quinta parte di ducatoni?) 87 che paga la comunità delle Carcare. Questa istessa parte per la vendita e la compra paga al padrone, in ragione di uno per venti, e quando le vendite sono di tutto quello che l'uomo possiede paga 2 venti.

Un pozetto (?) proprio della Regia Camera.

2) Li luoghi di Bormida e Osilia che consistono come segue, e sono tutte una comunità, che consiste in fuoghi 191, galline 191, cioè una per fuogo;

Una parpagliola per luogo per fuogo per la guardia, eccettuato però 10 fuoghi che sono col borgo di Osilia che non la pagano, che sono parpagliole 181;

Tre molini di una ruota per ciascuno;

Due piote (?) de canepa;

Alcuni boschi di castagna;

Una ferriera in Bormida che paga 12 rubbi (96 Kg) di ferro ogni anno;

Un'altra ferriera alli Ronchi d'Osiglia che paga un crosone l'anno;

Ouattro reseghe che pagano due galline ciascuna; quali ferriere tutte e reseghe sono di particolari, pagano a S.M. per rispetto dell'uso delle acque di Bormida e di Osiglia, che sono regali spettanti al padrone,

In Osiglia il castello;

Un pedaggio in Bormida;

La giurisdizione civile e criminale tra tutti i luoghi.


Leonello Oliveri

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domenica 2 marzo 2025

Marcelin Marbot: Le memorie di un soldato napoleonico che combattè in Val Bormida

 



Leonello Oliveri
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In qusto blog abbiamo spesso parlato delle battaglie napoleoniche combattute dalle nostre

parti dal 1793 al 1800: di Napoleone sappiamo tutto, ma chi erano questi soldatini che fra le nostre montagne e i nostri villaggi hanno sostato, combattuto, talvolta saccheggiato, spesso morirono?
Questo post è dedicato a uno di loro, Marcelin Marbot, un ussaro arrivato giovanissimo (17 anni) in Val Bormida, la cui vita attraversò tutta l'epopea napoleonica, Russia compresa.
 Jean-Baptiste Antoine Marcelin Marbot) nato nel 1782, entrato nell’esercito napoleonico a 17 anni nel 1799 come semplice ussaro, generale nel 1836, congedato nel ’40, Grand Ufficiale della Legion d’Onore, membro della Camera dei Pari, ferito a Eylau, Lipsia e Waterloo,  reduce dalla campagna di Russia, morto nel ’54: una carriera avventurosa, perigliosa ma certo interessante.
 

lunedì 24 febbraio 2025

Cronache di guerra. Il 1943-45 nelle annotazioni del Collegio delle Scuole Pie di Carcare

 


Leonello Oliveri



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Fra le iniziative ed usanze del Collegio dei Padri scolopi di Carcare ce n'è una, certo non la più importante, ma interessante per la

ricostruzione delle vicende della valle. Alludiamo all'usanza di redigere una Cronaca in cui i padri annotavano gli avvenimenti più importanti, riguardanti sia la vita del Collegio sia quella della zona. Tale usanza non si interruppe neppure in tempi recenti, e fu continuata anche durante l'ultima guerra.

In queste pagine, avute a suo tempo in visione tramite la cortesia di P. Ferrettino, si ritrovano echi di quella grande tragedia che furono gli anni della II guerra mondiale, specie dopo il '43, quando la guerra da mondiale divenne civile.

domenica 23 febbraio 2025

La Val Bormida tra Bizantini, Goti e Longobardi

 

Leonello Oliveri


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Il dato di partenza per questo breve studio è che conosciamo assai poco della situazione della Val Bormida a

partire dalla tarda età romana. L''unico insediamento finora studiato, quello di Crixia, risulta aver esaurito il proprio ciclo vitale, per motivi ancora sconosciuti ma a quanto pare violenti, intorno al III sec. d. C. Ancor di meno sappiamo su Canalicum, ammesso che a tale insediamento siano riferibili i rinvenimenti (e i resti) della zona della chiesa della Madonna delle Grazie/ San Donato (Cairo Mont.). Sappiamo inoltre che proprio verso la fine dei III sec. d.C., intorno al periodo di Diocleziano e Massimiano, le terre a cavallo delle estreme propaggini delle Alpi, sia sul versante francese che italiano, erano percorse da bande di bagaudi, contadini ridotti alla disperazione e al brigantaggio dalla povertà, autori di feroci razzie contro le città, forse in un disperato quanto sterile tentativo di distruggere quei simboli dell'apparato statale che per loro significava solo tasse e requisizioni: contro di essi dovettero intervenire perfino le armate imperiali di Massimiano che, infine, le distruggerà.

sabato 22 febbraio 2025

13 14 APRILE 1796: LA BATTAGLIA DI COSSERIA

Leonello Oliveri
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La battaglia di Cosseria (detta anche, ma impropriamente, di

Assalto alla porta del castello

Millesimo), che si svolse fra il 13 e il 14 aprile del 1796 intorno alle rovine dell'antico castello dei Del Carretto, fu quella che aprì a Napoleone le porte del Piemonte durante la Campagna d'Italia del 1796: con essa il generale corso diede l'avvio ad una brillante carriera che avrebbe fatto di lui, fino ad allora oscuro generale della più scalcagnata delle armate francesi, l'Imperatore dei francesi, colui che fece tremare i troni d'Austria, Inghilterra e Russia.

mercoledì 19 febbraio 2025

FABRIZIO DEL CARRETTO: DALLA VAL BORMIDA A GRAN MAESTRO DELL’ORDINE DI RODI


Leonello Oliveri

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Chi si interessa della storia locale della Val Bormida e delle aree fra
la costa e il basso Piemonte probabilmente sa che queste terre furono in gran parte governate, dal XII al XVII secolo, dalla dinastia feudale dei Del Carretto, con sede prima a Savona, poi a Finale e a Millesimo. Ma i Del Carretto furono una famiglia numerosa e prolifica, e non tutti i suoi membri potevano, ovviamente, trovare occupazione nel controllo diretto del loro marchesato (e poi contea). E così numerosi membri di questa famiglia o emigrarono altrove (troviamo dei Del Carretto a Vienna, Praga, a Napoli, alla corte dei Gonzaga,), o fecero carriera in altri settori, primo fra tutti quello ecclesiastico che vide innumerevoli vescovi e cardinali Del Carretto, e quello delle armi.

Fra i Del Carretto che scelsero la carriera militare, uno die più importanti fu senza dubbio Fabrizio Del Carretto (Millesimo1460 ? - Rodi 1521), che divenne Gran Maestro dell’Ordine Gerosolimitano.