Ogni diritto va conquistato,
ogni conquista va difesa (W.Ledroit)
Leonello Oliveri
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Studiare la storia della
propria terra significa anche riscoprire le lente, sofferte tappe attraverso le
quali coloro che ci precedettero arrivarono nel tempo a costruire per sé e per
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Cosseria 1491
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propri figli una vita di uomini liberi.
La conquista
della dignità di un uomo, dei diritti civili e sociali, fu un lento travaglio
iniziato (o meglio, iniziato di nuovo) nel Medioevo e che mai può dirsi
concluso, perché non solo la libertà ma
anche i diritti fondamentali, primo fra
tutti l’indipendenza dalla povertà, non sono un bene che si conquista una volta
per tutte:
e ciò è tanto più attuale oggi, in un
periodo nel quale talora -con il pretesto delle precarie condizioni di
sicurezza ed economiche in cui si vive- i nostri fondamentali diritti civili e
sociali sono tutt'altro che considerati intangibili. Quanto si è conquistato con secoli di lotte può essere
riperso, in un attimo o per lenta erosione, e per riconquistarlo occorrono nuovamente secoli.
C’è un esempio illuminante al riguardo: nel 287 a.
C. con la lex Hortensia ()
la plebe romana ottiene una conquista importantissima: le sue deliberazioni
diventarono legge per tutti, patrizi e
plebei. In quell’anno si conclude un
iter di lotte iniziato oltre 200 anni prima, e i plebei conquistano
l’uguaglianza giuridica nei confronti dei patrizi: da allora tutti i
cittadini romani ebbero (teoricamente) gli stessi diritti ().
Tale uguaglianza verrà persa 300 anni dopo, quando la Repubblica diverrà
Impero. Ebbene, per riconquistare tali diritti, e prima di tutti quello di
voto, occorreranno duemila anni di lotte: perché tutti (i maschi liberi e
maggiorenni) potessero riottenere il diritto di voto in Italia bisognerà infatti
aspettare fino alla riforma elettorale del 1912 (suffragio universale
maschile). Insomma, la plebe di Roma aveva più diritti 2000 anni fa di quanti
ne avessero i nostri bisnonni all’inizio del secolo ().